Il Conservatorio di S.Pasquale Baylon, situato in via Anicia 13, fu un’istituzione di particolare risalto nell’ambito delle iniziative a favore delle orfane. La storia del Conservatorio di S.Pasquale Baylon inizia nel 1724 quando il cardinale vicario di Roma, Fabrizio Paolucci ed il vice-gerente di Roma, monsignor Nunzio Baccari, iniziarono a raccogliere nella “contrada dell’armata” (ovvero presso via dell’Armata, una traversa di via Giulia) un primo gruppo di 8 fanciulle che “vagavano nella città senza educazione“, per essere affidate ad una signora genovese, Caterina De Rossi, affinché si prendesse cura della loro formazione. Qualche anno dopo, per volontà del cardinale vicario Giovanni Antonio Guadagni, nipote di Clemente XII, le fanciulle, cresciute di numero, furono trasferite nell’oratorio di S.Girolamo della Carità. Nel 1737 Clemente XII eresse la pia istituzione a Conservatorio, dedicandolo a S.Pasquale Baylon. Direttore spirituale del Conservatorio di S.Pasquale Baylon fu nominato Nicolò Ricci, sacerdote dell’oratorio di S.Girolamo della Carità, il quale, con l’aiuto del cardinale Guadagni, essendo ormai giunto a 35 il numero delle ragazze, acquistò alcune case in via Anicia.
Qui, nel 1743, iniziarono i lavori di costruzione del nuovo edificio sede del Conservatorio di S.Pasquale Baylon (nella foto in alto sotto il titolo), nel quale venne realizzato anche un oratorio consacrato a S.Pasquale Baylon. Il Conservatorio rimase nella sede di via Anicia fino al 1827, quando, sotto il pontificato di Leone XII, le fanciulle furono trasferite in quello della Divina Provvidenza in via di Ripetta. Nel frattempo, dal 1819, nella sede di Via Anicia si era insediata una casa di esercizi spirituali per le donne, fondata quattro anni prima, presso palazzo Ponziani in via dei Vascellari, dal sacerdote Gioacchino Michelini: l’istituzione fu approvata il 4 giugno 1825 dal cardinale Vicario Zurla con il titolo di Opera Pia Michelini. Inizialmente la direzione degli esercizi fu affidata alle Maestre Pie, ma poi passò alle suore affiliate all’Ordine degli Agostiniani Scalzi, le Oblate Agostiniane, che il 20 novembre 1856 emisero la prima oblazione con la promessa di prendersi cura delle ragazze bisognose mediante l’istruzione ed il lavoro.
Per molti anni le Oblate si occuparono degli esercizi per le fanciulle che si preparavano alla Prima Comunione e della loro istruzione elementare; ad esse venne inoltre affidato il compito di abbigliare la statua lignea della Madonna del Carmelo in occasione della processione per la “Festa de’ Noantri“. Alla fine degli anni Novanta le suore Agostiniane vennero sfrattate dalla loro storica sede dal proprietario dell’immobile, il Vaticano, che destinò il complesso al CUIR, il Collegio Universitario Internazionale di Roma, un ente morale costituito a Roma il 13 settembre 1990 con il compito di promuovere l’accoglienza e la formazione integrale di studenti universitari italiani e stranieri mediante l’attività culturale e didattica. All’atto di acquisizione i fabbricati si trovavano in uno stato di utilizzo molto precario, con assoluta necessità di restauro e di manutenzione per il recupero e la conservazione degli edifici. Fu così che durante i lavori fu rinvenuta un’area archeologica di grande interesse, costituita da “insulae” poi trasformate in una ricca “domus“, affreschi e mosaici di epoca imperiale, edifici medioevali. Le antiche strutture murarie furono integrate nella progettazione dell’area in modo tale da considerarle non come elementi separati che avrebbero ostacolato il recupero edilizio, bensì come testimonianze storiche che, una volta riqualificate, avrebbero continuato a vivere, trasmettendo la memoria del passato. Il fabbricato più antico risale alla metà del II secolo d.C., con sviluppo parallelo all’attuale via Anicia, caratterizzato, al piano terra, da antiche “tabernae“, ovvero ambienti destinati ad attività commerciali, che si affacciavano su una strada (nella foto 1), o meglio un´area scoperta, forse un cortiletto tra edifici, pavimentato con poligoni di basalto; al centro si trovava una fontana pubblica con vasca rettangolare tutta rivestita di intonaco impermeabilizzante in cocciopesto.
Sull’altro lato di quest’area prospettavano i resti di altre costruzioni, fra cui, verso l’inizio del III secolo d.C., venne costruita un’insula a pianta rettangolare, occupata al piano terra da un’abitazione di livello medio, così come si può dedurre dalle caratteristiche planimetriche dell’edificio e dal suo apparato decorativo. Il caseggiato è orientato in modo tale da avere uno dei lati corti affacciato sull’antico asse viario corrispondente all’attuale via dei Salumi, dove si trova infatti il vestibolo d´ingresso, posto fra 3 botteghe con accesso dalla strada. Solo la taberna nell’angolo nord-est aveva un´altra apertura sul lato orientale del vano, tamponata in una fase successiva. Uno dei vani dell’insula è costituito da una sala quadrangolare, probabilmente un “tablinio“, posizionato al centro del lato di fondo dell’edificio. Alle pareti scarse tracce di decorazione pittorica con campi rossi su fondo bianco secondo il modo dello stile lineare, mentre meglio conservata, anche se con delle lacune, appare la pavimentazione a mosaico bianco e nero. Si tratta di un mosaico di tipo geometrico, con tappeto centrale decorato da una schema ad ottagoni abbelliti ciascuno da un fiore differente, alternati a stelle a quattro punte con al centro un quadrato bianco.
Tutto intorno è un bordo costituito da una fila di quadrati bianchi alternati ad un motivo a clessidra in colore contrastante. Lungo il lato occidentale dell’edificio sono state identificate una serie di stanze private. In origine l’ambiente doveva presentare una pianta quadrangolare, che attualmente risulta tagliata da un lungo muro di fondazione del convento. La parte di pavimentazione così scoperta è costituita da un mosaico bianco e nero (nella foto 2), in buono stato di conservazione. Si tratta di una composizione a motivo centrale, emblema, di forma circolare delineata da un motivo di onde correnti. All’interno due trecce, incrociandosi fra loro, delimitano dei campi dai lati curvilinei contenenti ciascuno un fiore differente. Ai lati del cerchio sono inseriti dei vasi (“kantharoi“) da cui partono tralci vegetali. Verso la metà del IV secolo d.C. nell’area dell’antico isolato venne costruita una “domus” signorile, la cui estensione è stata individuata soprattutto per quel che riguarda l’occupazione del pianterreno dell’insula degli inizi del III d.C. Le modifiche strutturali relative all’impianto della “domus” sono identificabili nell’impiego della tecnica costruttiva dell’opera vittata mista, con alternanza di un filare di laterizio e due di blocchetti di tufo. Anche se non risulta traccia di distruzione violenta, in generale l’area fu interrata intenzionalmente, come si deduce dalla presenza di un considerevole accumulo di terre, detriti edilizi e scarichi di materiale ceramico, gettati direttamente sopra i pavimenti a partire dalla prima metà del V secolo d.C.
Questo improvviso “distacco” dall’edificio va sicuramente messo in relazione con qualche evento traumatico, che potrebbe essere indicato ipoteticamente nel Sacco di Roma del 410 d.C. Nella seconda metà del VI – inizi VII secolo d.C., l’area fu destinata ad uso funerario, come testimoniato dal ritrovamento di 7 sepolture ad inumazione. Si tratta di un piccolo cimitero con tombe disposte ad una certa distanza fra loro, tutte di tipo povero, a cappuccina (ovvero tegole contrapposte fra loro o addossate in parte alle strutture murarie emergenti), oppure a fossa, con pareti rivestite di laterizi o tegole con copertura piana o a cappuccina; a queste si aggiungono due deposizioni infantili in anfora. Solo in due tombe è stato rinvenuto un elemento di corredo, costituito da un’ampolla funeraria in vetro, collegata agli aspetti rituali che accompagnavano la sepoltura. Cessato l´utilizzo della necropoli, la zona fu nuovamente abbandonata e coperta da terra di riporto. In questa fase è probabile che i resti degli edifici romani ancora emergenti ed ormai in stato di degrado siano stati utilizzati come cava di materiale edilizio, come appare evidente nel caso di alcune cortine spogliate di una parte del paramento laterizio. Oltre ad alcune strutture che risultano purtroppo isolate, realizzate secondo la tipica tecnica costruttiva dell’opera quadrata di tardo VIII-IX secolo, nell’area del cortile di via dei Salumi sono stati individuati i resti di due edifici abitativi, le cui caratteristiche costruttive fanno propendere per un inquadramento cronologico nel IX-X secolo.
Nel XII secolo un edificio a pianta rettangolare venne costruito nella zona dove in seguito sorgerà uno dei corpi di fabbrica del Conservatorio di S.Pasquale Baylon. Si conservano su tre lati le fondazioni realizzate parte in blocchi di recupero di tufo, marmo e travertino, e parte in opera cementizia gettata a sacco, con grosse scaglie degli stessi materiali e frammenti di laterizi. Purtroppo la costruzione del Conservatorio di S.Pasquale Baylon ha distrutto ogni traccia relativa alla partizione interna dell’edificio e quindi la possibilità di avere elementi utili per una sua interpretazione. Tra la fine del XII e l´inizio del XIII secolo nella zona in prossimità di Via dei Salumi venne installata un’importante area produttiva destinata alla fabbricazione di calce. Sono state infatti individuate ben quattro calcare dove la calce era ottenuta con un processo di calcinazione dei marmi e dei travertini recuperati dagli antichi edifici romani. Infatti intorno alle calcare sono stati trovati vari frammenti di marmo abbandonati, fra i quali parte di una colonna spezzata in tre pezzi e parte di una lastra frontale di sarcofago (nella foto 3).
Le calcare furono costruite tra i resti degli edifici alto-medioevali, in parte riutilizzati e ripresi con una muratura incerta in spezzoni di tufo, rinforzata da blocchi di travertino a probabile sostegno di pali per tettoie poste a protezione dei forni. Si può ipotizzare che le calcare furono qui posizionate come una zona di servizio annessa ad un cantiere di costruzione o di restauro relativo ad una fabbrica limitrofa: il periodo durante il quale le calcare furono in funzione coincide infatti con gli interventi di ampliamento delle strutture conventuali della vicina chiesa di S.Cecilia, effettuati tra il XII secolo e gli inizi del secolo successivo. Il CUIR, o Collegio Universitario Internazionale di Roma, presenta l’ingresso al civico 13 di via Anicia (nella foto 4), ovvero dal portale centrale dei tre settecenteschi (nella foto in alto sotto il titolo) che prospettano sulla via: notare che il portale presenta ancora, sull’architrave, l’iscrizione O. P. MICHELINI, in ricordo dell’Opera Pia ottocentesca sopra menzionata. Il portale al civico 12 (nella foto 5) rappresenta invece l’ingresso alla Cappella dedicata a S.Pasquale Baylon: questo portale, chiuso negli anni, recuperò, in occasione del restauro novecentesco, non soltanto la sua funzionalità ma anche l’aspetto figurativo, in quanto vi furono ricollocati gli originali gradini in massello di travertino rinvenuti nel giardino di via dei Genovesi, dove erano stati reimpiegati come limite di aiuole. La Cappella (nella foto 6) è costituita da un ambiente rettangolare con cantoria su colonne e tre altari: l’altare maggiore, consacrato la prima volta e dedicato a S. Pasquale il 15 maggio 1749 dal vice-gerente Arcivescovo De Rossi, fu rifatto in marmo a spese di un benefattore.
Fu nuovamente consacrato il 15 settembre 1776 da Monsignor Contesini, che lo dedicò a “Dio, alla Ss.ma Concezione, a S.Filippo Neri ed a S. Pasquale”: in questa occasione furono poste nella mensa dell’altare le reliquie dei santi Venusto, Lucilla, Cirillo e Massimo. La pala raffigura la “Madonna Assunta, S.Pasquale e S. Filippo Neri” ed è di artista anonimo. Sotto la mensa si trova un’urna con la statua in cera di S.Aurelia, le cui reliquie furono donate alle suore da Pio IX nel 1868. Nella volta è raffigurato “S.Pasquale in gloria”. Tramite una scala ripristinata e restaurata, dove si trovano un busto ed una lapide in onore di Gioacchino Michelini ed un´epigrafe in ricordo di una visita di Pio IX nel 1863, si accede ad altre 2 Cappelle, quella della Madonna della Fiducia e della Madonna dell’Addolorata. Nella prima Cappella (nella foto 7, detta anche Cappella Grande) le bambine ricevevano la Prima Comunione. Coeva alla fondazione del Michelini, fu ripristinata ed ingrandita nel 1926: si tratta di un vasto ambiente rettangolare con pareti scandite da lesene, abside semicircolare e soffitto a grossi riquadri. Accanto, disposta in modo ortogonale alla precedente, si trova la Cappella della Madonna Addolorata (nella foto 8), utilizzata per le prediche in preparazione alla Comunione. Anche questo è un ambiente rettangolare con soffitto a riquadri dipinti, in uno dei quali è scritto: “ANNO REPARATAE SALUTIS MCMVI“; in quello centrale vi è un monogramma di Maria e negli altri vi sono rappresentati gli angeli e la Colomba dello Spirito Santo.
Le pareti sono dipinte con disegni geometrici. L´altare fu consacrato dal vice-gerente Giuseppe Geppetelli, patriarca di Costantinopoli, il 21 Novembre 1906. In prossimità del terzo portale furono invece incastonate nel muro due iscrizioni (nella foto 9) provenienti da un altare che doveva sorgere nelle immediate vicinanze dell’area archeologica sopra descritta e che era dedicato alla Dea Bona, un’antica divinità il cui nome non poteva essere pronunciato e per questo di non facile identificazione: in origine sembra che fosse un appellativo della dea romana Fauna, ma in seguito venne identificato con la dea di origine greca Damia.
Infine, al civico 30 di via dei Genovesi, si trova l´accesso principale al Collegio Ecclesiastico Internazionale Sedes Sapientiae, un seminario eretto dalla Santa Sede e destinato alla formazione a Roma di candidati al sacerdozio provenienti da diocesi ed altre circoscrizioni ecclesiastiche di tutto il mondo: oltrepassato il cancello d’ingresso possiamo ammirare un bel giardino (nella foto 10) decorato con una vecchia fontana restaurata e riadattata, le due rampe che ad arco abbracciano l’ampio spazio verde, luogo di riunione e di incontri all’aperto, e gli alti edifici che fanno da sfondo.