Il Celio non è soltanto il nome del rione ma è anche uno dei mitici sette colli di Roma: gli altri sono il Campidoglio, il Viminale, il Palatino, l’Aventino, l’Esquilino ed il Quirinale. Il nome più antico del Celio sarebbe stato “Mons Querquetulanus” (cioè “monte delle querce”), mentre soltanto in seguito si sarebbe imposto il nome attuale, dovuto tradizionalmente a “Caele” (“Caelius“) Vibenna, uno dei due fratelli di Vulci, con l’aiuto dei quali, secondo una tradizione etrusca, Servio Tullio, il sesto re di Roma, sarebbe riuscito ad occupare prima il Celio e poi Roma. Sempre in epoca romana, il colle era diviso in tre parti: il “Coelius” (dove attualmente si trova la basilica dei Ss.Giovanni e Paolo), il “Coeliolus” (la propaggine del colle dove si trova la chiesa dei Ss.Quattro Coronati) e la “Succusa” (ubicata fra “Coelius” e “Coeliolus“), che insieme formavano il “Coelimontium“. Il quartiere può definirsi residenziale a partire dalla tarda età repubblicana, quando vi furono costruite alcune case particolarmente lussuose, come quella di Mamurra, il “praefectus fabrum” di Giulio Cesare: Plinio descrive questa casa come la prima che ebbe i muri coperti di marmo e le colonne di marmo cipollino e lunense. Mentre le pendici verso l’Esquilino ed il Colosseo dovevano essere occupate da case d’affitto a più piani (“insulae“), la parte alta della collina divenne, in età imperiale, quasi esclusivamente residenziale: ricordiamo la villa di Domizia Lucilla Minore, dove nacque Marco Aurelio. Una grande via, certamente antichissima, ne percorreva tutta la dorsale: è la “Via Caelimontana”, che usciva dalla omonima Porta Caelimontana e si spingeva fino a Porta Maggiore con un percorso che corrisponde perfettamente a quello delle attuali Via di S.Stefano Rotondo, piazza S.Giovanni in Laterano, Via Domenico Fontana e, dopo aver attraversato l’attuale Villa Wolkonsky, via Statilia. Questo asse era seguito anche dai quattro acquedotti che percorrevano il Celio: “Appia“, “Marcia“, “Iulia” e “Claudia“. I primi tre erano sotterranei, l’ultimo era su archi: si tratta dell’Acquedotto Neroniano, una derivazione dell’Acqua Claudia fatta costruire da Nerone per portare l’acqua alla “Domus Aurea“. Durante il Medioevo ed il Rinascimento il colle si spopolò, molto probabilmente perché l’antica “Via Celimontana” cessò il suo importante ruolo di collegamento tra zone urbanizzate della città, mantenendo un aspetto rurale fino alla fine dell’Ottocento. Infatti, oltre alle grandi proprietà dei Camaldolesi di S.Gregorio, dei Passionisti dei Ss.Giovanni e Paolo e delle Agostiniane dei Ss.Quattro Coronati, sul colle vi erano soltanto due grandi ville: Villa Celimontana e Villa Casali, mentre il resto erano vigne. Purtroppo l’urbanistica di Roma Capitale non risparmiò neanche il Celio e la costruzione di strade ed abitazioni comportò uno stravolgimento totale del rione, con la distruzione di Villa Casali e delle numerose vigne. Il rione fu istituito con Delibera di Giunta n.20 del 20 agosto 1921 in seguito ad una separazione dal rione Campitelli di cui faceva parte e proprio da questa data iniziò la ricostruzione della zona ed il conseguente ripopolamento. Non si può fare a meno di ricordare che all’interno del suo perimetro, in verità non molto grande, si trova il simbolo dell’eternità di Roma, il Colosseo. Lo stemma del rione è raffigurato dal profilo di un africano che indossa un copricapo a forma di testa di elefante, ornato con spighe d’oro, su fondo argento: probabilmente l’effige può essere ricondotta ai legionari del Console Scipione detto l’Africano che qui si accamparono.
Nella sezione Roma nell’Arte vedi:
Celio di E.Du Pérac