L’Arco di Costantino fu innalzato sull’antica “via Triumphalis“, la strada percorsa dai cortei dei trionfatori diretti al Campidoglio, per celebrare la battaglia presso Ponte Milvio del 312 d.C., quando l’imperatore vinse il rivale Massenzio, battaglia in cui quest’ultimo perse la vita. La costruzione terminò tre anni dopo e venne inaugurata nel decimo anniversario dell’ascesa al trono di Costantino, il 25 luglio del 315. Addossate alle pareti delle due facciate vi sono quattro colonne corinzie di marmo “giallo antico”, al di sopra delle quali corre una lunga trabeazione che sostiene l’attico, al centro del quale è situata la lunga iscrizione, ripetuta sulle due facciate dell’attico, che così recita: “IMP(ERATORI) CAES(ARI) FL(AVIO) CONSTANTINO MAXIMO P(IO) F(ELICI) AUGUSTO S(ENATUS) P(OPULUS) Q(UE) R(OMANUS) QUOD INSTINCTU DIVINITATIS MENTIS MAGNITUDINE CUM EXERCITU SUO TAM DE TYRANNO QUAM DE OMNI EIUS FACTIONE UNO TEMPORE IUSTIS REM PUBLICAM ULTUS EST ARMIS ARCUM TRIUMPHIS INSIGNEM DICAVIT“, ossia: “All’Imperatore Cesare Flavio Costantino Massimo, Pio, Felice, Augusto, il Senato e il Popolo Romano, poiché per ispirazione della divinità e per la grandezza del suo spirito con il suo esercito vendicò ad un tempo lo stato su un tiranno e su tutta la sua fazione con giuste armi, dedicarono questo arco insigne per trionfi”.
Nella frase “instinctu divinitatis” (“per ispirazione della divinità”) si è voluta vedere un’impossibile conferma della leggendaria apparizione della croce a Costantino prima della battaglia di Ponte Milvio: tra l’altro, la conversione al Cristianesimo avvenne molto più tardi. L’arco, a tre fornici, è il più grande che ci sia rimasto: alto quasi 25 metri e con il fornice centrale di 6,50 metri di larghezza per 11,45 di altezza. L’arco è un centone di sculture e parti architettoniche provenienti da monumenti diversi e di epoche diverse, come quelle dell’età di Traiano, Adriano e di Commodo. Ciò si spiega perché in quel periodo la città, che aveva perso da tempo le prerogative di capitale (e che di lì a poco tempo le perderà anche formalmente a favore di Costantinopoli), non aveva più maestranze capaci di decorare con eleganza un monumento pubblico di tale importanza e grandezza. Iniziò così il sistematico reimpiego di materiale di spoglio che si prolungherà per tutto il Medioevo. Contemporanee alla costruzione dell’arco, quindi di età costantiniana, sono le sculture situate sui plinti delle colonne raffiguranti Vittorie con trofei e barbari prigionieri, le Vittorie alate con trofei (nella foto 1) situate sugli archivolti del fornice centrale, le personificazioni delle stagioni situate ai lati del fornice centrale, le divinità fluviali situate ai lati dei fornici minori, alcune figure allegoriche, molto rovinate, poste sulle chiavi degli archi, i 6 pannelli stretti e lunghi collocati sopra i fornici minori e, alla medesima altezza, sui due lati corti, che narrano la campagna contro Massenzio.
Le otto statue dei Daci prigionieri (una delle quali nella foto 2) che inquadrano l’attico appartengono all’età traianea (probabilmente provenienti anche dal Foro di Traiano), come anche i due pannelli sui lati minori dell’attico raffiguranti scene di battaglia e gli altri due posti all’interno del fornice centrale, tutti e quattro appartenenti ad un grande altorilievo originariamente posto a decorare l’attico della Basilica Ulpia. Gli otto tondi posti sopra i fornici laterali appartengono all’età di Adriano, forse provenienti ad un arco quadrifronte. Le due estremità dell’attico, ai lati dell’iscrizione, sono occupate da quattro grandi pannelli (nella foto 3) appartenuti probabilmente ad un monumento innalzato da Commodo in onore del padre, Marco Aurelio: si suppone che si trattasse anche in questo caso di un arco quadrifronte, collocato nelle vicinanze della colonna di Marco Aurelio.
Nel complesso l’arco di Costantino, al di là della sua notevole importanza storica, può essere considerato un vero e proprio museo della scultura romana ufficiale, forse il più ricco e importante di tutti. Nel Medioevo l’arco, denominato comunemente “arco de Trasi” (dal latino “transeo“, ovvero “passo attraverso”) perché si trovava sulla via che conduceva alla chiesa di S.Gregorio, fu trasformato in torre ed incorporato nelle fortificazioni dei Frangipane, situati tra Palatino e Colosseo. Restaurato più volte, soprattutto nel Settecento, fu definitivamente liberato nel 1804, anche se il totale isolamento nel quale oggi possiamo ammirarlo si ottenne nel 1832 in occasione dei lavori di ampliamento della via di S.Gregorio voluti da papa Gregorio XVI e nel 1933, con l’inaugurazione, durante il regime fascista, della ribattezzata “via dei Trionfi”. In questo periodo, purtroppo, più precisamente nel 1936, fu demolito, per un banale motivo di intralcio al traffico, un monumento collocato proprio in prossimità dell’arco, la “Meta Sudans“, una fontana monumentale in mattoni, di forma troncoconica, realizzata sotto l’imperatore Tito e così chiamata perché nella forma ricordava le “mete” (ossia le pietre piramidali poste alle estremità delle spine dei circhi, dove voltavano le quadrighe) e “sudante” perché l’acqua sembrava stillare a forma di sudore dalle pareti marmoree della fontana, mentre usciva da un acroterio di coronamento a forma di sfera, posto sulla sommità del cono. La leggenda vuole che presso la fontana si recassero i gladiatori per lavarsi e dissetarsi dopo i giochi presso l’antistante Colosseo.
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Nella sezione Roma nell’Arte vedi:
Arco di Costantino di G.B.Piranesi
Arco di Costantino di E.Du Pérac
Arco di Costantino di L.Rossini