Il Foro di Traiano (nella foto sopra), l’ultimo ed il più grandioso dei Fori Imperiali, fu costruito da Traiano tra il 107 (anno del suo trionfo sui Daci) ed il 113 d.C. spianando un pezzo del Quirinale, ovvero la sella che lo univa al Campidoglio. Il monumento, opera del grande architetto Apollodoro di Damasco, era lungo complessivamente metri 300 e largo 185 e si articolava su terrazze leggermente sopraelevate l’una rispetto all’altra.
Con l’ausilio della pianta 1 iniziamo la visita. L’ingresso da nord avveniva tramite un grande pronao 1 con colonne dal fusto di 15 metri, oltrepassato il quale si accedeva ad un cortile quadrangolare sul quale affacciavano due edifici posti uno di fronte all’altro, tradizionalmente interpretati come le “Biblioteche” 2 (una per i libri latini e l’altra per quelli greci), mentre al centro del cortile era situata la Colonna Traiana 3, l’unico monumento del Foro pervenutoci perfettamente intatto.
La Colonna Traiana (nella foto 2), costruita in grandi blocchi di marmo lunense, poggia su un basamento a forma di dado su uno zoccolo coronato da una cornice che presenta, agli angoli, quattro aquile che sorreggono festoni. Tre lati del dado sono decorati con rilievi che rappresentano armi ed insegne daciche;
il quarto lato (nella foto 3), quello principale rivolto verso la Basilica Ulpia, presenta un pannello sorretto da due Vittorie con la seguente iscrizione dedicatoria: SENATUS POPULUSQUE ROMANUS IMP(ERATORI) CAESARI DIVI NERVAE F(ILIO) NERVAE TRAIANO AUG(USTO) GERM(ANICO) DACICO PONTIF(ICI) MAXIMO TRIB(UNICIA) POT(ESTATE) XVII IMP(ERATORI) VI CO(N)S(ULI) VI P(ATER) P(ATRIAE) AD DECLARANDUM QUANTAE ALTITUDINIS MONS ET LOCUS TANT(IS OPER)IBUS SIT EGESTUS, ossia: “Il Senato e il Popolo Romano all’Imperatore Cesare Nerva Traiano Augusto, figlio del Divo Nerva, Germanico, Dacico, Pontefice Massimo, rivestito per la diciassettesima volta della potestà tribunizia, acclamato imperatore per la sesta volta, console per la sesta volta, Padre della Patria, per mostrare di quanta altezza (fosse) il colle e (quanto) il luogo sia (stato) scavato con sforzi tanto grandi”: la colonna, quindi, serviva anche ad indicare il livello originario del colle che fu tagliato per liberare l’area necessaria alla costruzione del Foro. Lo scopo più importante, però, era un altro: quello di servire da tomba all’imperatore ed a sua moglie Plotina. Sotto l’iscrizione dedicatoria è situata, infatti, una porticina che permette di accedere all’interno del basamento: qui si trova la camera funeraria dove era posta, sopra una lastra di marmo, l’urna d’oro contenente le ceneri di Traiano, trafugata ai tempi delle invasioni barbariche. A destra inizia la scala costituita da 185 gradini che permette di salire sino alla sommità.
Sul fusto della colonna, alta 100 piedi romani (29,78 metri senza base e 39,83 con essa), si snoda, a spirale, il lungo rilievo (nella foto 4 in dettaglio), circa 200 metri, con la rappresentazione delle guerre daciche (101-106 d.C.): l’attraversamento del Danubio da parte dell’esercito romano sopra un ponte di barche ricorda l’inizio delle guerre, si susseguono poi battaglie, assedi, costruzioni di accampamenti, la prima sottomissione di Decebalo, re dei Daci, a Traiano e la Vittoria che scrive su uno scudo la fine della prima campagna dacica. Il rilievo continua con le scene della seconda campagna, con le scene dell’esercito romano che passa su un ponte costruito da Apollodoro, l’assedio alla capitale nemica Sarmizegetusa ed i Daci che la incendiano per non consegnarla ai romani, l’autoavvelenamento dei capi Daci, la cattura del tesoro nemico, la fuga di Decebalo ed il suo suicidio, la sua testa portata a Traiano ed infine la deportazione dei prigionieri daci. Il monumento, si dice, è sopravvissuto grazie a papa Gregorio Magno (590-604) che, colpito da una scena in cui si vedeva Traiano aiutare una donna il cui figlio era stato ucciso, pregò per la salvezza dell’anima dell’imperatore. Dio apparve allora al papa, annunciando che l’anima di Traiano era salva, ma di non intercedere più per i pagani. Secondo la leggenda, quando le ceneri furono esumate, la lingua di Traiano, ancora intatta, raccontò di come la sua anima fosse stata salvata dall’inferno. La terra intorno fu, perciò, dichiarata sacra e la colonna rimase intatta nel tempo.
La statua di Traiano, che coronava la colonna, scomparve nel Medioevo e fu sostituita, nel 1587, all’epoca di Sisto V, con la statua di S.Pietro (nella foto 5). Al di là del cortile e delle due Biblioteche, alle quali era addossata, era situata la massa imponente della Basilica Ulpia 4, la più grande mai costruita a Roma (170 metri di lunghezza, 60 di larghezza e 40 di altezza), inaugurata nel 112 d.C., che prendeva il nome dalla famiglia di Traiano, ovvero la Gens Ulpia. Del monumento è ora visibile solo il troncone centrale (nella foto in alto sotto il titolo): l’abside occidentale 5 giace ora sotto via dei Fori Imperiali ed arrivava a pochi metri dall’attuale monumento a Vittorio Emanuele II, mentre quella orientale 6 è coperta dall’attuale scalinata di Magnanapoli e dal palazzo del Gallo di Roccagiovine. L’interno era diviso in cinque navate da quattro file di colonne (come si può ancora vedere dalle basi e dalle colonne rimaste): quelle della navata centrale erano più grandi e di granito grigio, a differenza delle altre, più piccole e di cipollino. Tra le funzioni della basilica, oltre a quelle giudiziarie e commerciali, vi era anche quella che precedentemente si svolgeva nell’Atrium Libertatis (distrutto per far posto al Foro), ossia la cerimonia di liberazione degli schiavi. Oltrepassata la Basilica si apriva il Foro 7, una grande piazza rettangolare, di metri 108 x 85, con la grande statua equestre di Traiano al centro 8. L’Equus Traiani, così era chiamata la statua, ovvero il “Cavallo di Traiano”, era posto su un basamento di metri 3,7 × 7,5. La statua è andata perduta, ma il suo aspetto ci è stato tramandato dalle monete dell’epoca che raffiguravano Traiano come un condottiero, con la lancia a punta in giù (segno di pacificazione) nella mano destra ed una statua di Vittoria alata nella sinistra. Si ritiene che la statua fosse alta, basamento compreso, tra i 10 ed i 12 metri. La piazza, invece, era pavimentata con più di 3000 lastre di marmo bianco di Luni (Carrara) e fiancheggiata, sui lati lunghi, da portici che si aprivano, internamente, in due ampie esedre simmetriche (quella orientale 9 costituisce la facciata semicircolare dei Mercati Traianei). I portici erano ad un solo ordine di colonne in marmo colorato, sormontate da un alto attico decorato da statue colossali di Daci prigionieri. La facciata meridionale del Foro 10 si presentava come una lunga parete divisa in tre parti e decorata da colonne monolitiche di marmi colorati il cui fusto misurava quasi 12 metri di altezza. I tratti laterali presentavano due gruppi di quattro colonne corinzie in marmo cipollino e pavonazzetto, mentre al centro un gruppo di otto colonne corinzie di giallo antico sosteneva un alto attico con l’iscrizione onoraria di Traiano. L’attico era sormontato da un gruppo scultoreo in bronzo dorato di dimensioni colossali che raffigurava “Traiano sul carro trionfale“, tirato da sei cavalli e fiancheggiato da trofei con Vittorie (il tutto ricostruibile, ancora una volta, grazie alle monete che lo rappresentavano). Qui si apriva l’arco che immetteva in un cortile monumentale di metri 25 × 27, porticato su tre lati, che fungeva da vestibolo d’ingresso al Foro di Traiano da sud e da passaggio tra questo e l’adiacente Foro di Augusto 11. Tra il X ed il XIII secolo il Foro fu interessato da un’urbanizzazione che insediò sulla sua area abitazioni, chiese e monasteri fino alla creazione, nel XVI secolo, di un quartiere denominato “Alessandrino” dal luogo di origine del suo realizzatore, il cardinale Michele Bonelli, nativo di Alessandria, che provvide alla bonifica della zona chiamata “de’ Pantani“. Fu soltanto tra il 1924 ed il 1932 che questo settore urbano subì una radicale trasformazione per mano del Regime Fascista, che demolì l’intero quartiere per consentire l’apertura di “via dell’Impero“. “I monumenti millenari devono giganteggiare nella necessaria solitudine“, disse Benito Mussolini la mattina del 31 dicembre 1925 e così vennero spazzate via case medioevali, chiese ed un intero agglomerato cinquecentesco situato sul Foro di Traiano e dinanzi ai Mercati Traianei.
Nella sezione Roma nell’Arte vedi:
Foro Traiano di E. Du Pérac