La Basilica di S.Maria Maggiore, situata nella piazza omonima sulla sommità del Cispio, una delle tre cime del colle Esquilino, è detta anche “Liberiana” dalla leggenda che tradizionalmente la collega a Papa Liberio e secondo la quale, nel 352, il pontefice sognò la Madonna che gli indicava di costruire una chiesa là dove avesse trovato la neve. Quando il mattino del 5 agosto, nel mezzo di una torrida estate romana, nevicò sull’ Esquilino, il papa ubbidì e fece costruire la chiesa appunto detta “S.Maria della Neve“. Il miracolo della neve viene ricordato ogni anno, il 5 agosto, in una funzione durante la quale petali bianchi vengono fatti cadere dal soffitto della Cappella Paolina.
In realtà, di questa chiesa, non vi è nessun resto materiale, tanto che la si crede mai esistita o forse molto piccola, situata nei pressi della basilica attuale. Scavi archeologici effettuati sotto il pavimento della basilica hanno restituito invece un edificio composto da vari ambienti intorno ad un grande cortile porticato lungo 37 metri e largo 30, molto probabilmente una costruzione romana la cui struttura muraria, i pavimenti e le basi delle colonne ritrovate permettono di attribuire all’età tardoimperiale. S.Maria Maggiore fu costruita da Sisto III (432-440) per celebrare Maria “madre di Dio”, secondo quanto proclamato dal concilio di Efeso nel 431: lo stesso pontefice commissionò i 42 pannelli raffiguranti “Scene Bibliche” che ancora ornano la navata centrale e l’arco trionfale e che rappresentano la più importante documentazione di arte musiva del Basso Impero. La basilica assunse anche il nome di “Sancta Maria ad praesepe” perchè per onorare e celebrare meglio la Vergine Maria si trasferirono qui alcune reliquie della grotta di Betlemme, come alcuni pezzi della mangiatoia dove fu deposto il Bambino Gesù, oggi conservate in un’urna di argento e cristallo (nella foto 1), opera di Luigi Valadier, presso l’Altare della Confessione: dinanzi vi è la statua di Pio IX raccolto in preghiera, scolpita nel 1883 da Ignazio Iacometti. La basilica si ingrandì nel XIII secolo con Niccolò IV che fece ricostruire più arretrata l’abside, arricchita di mosaici, e creare una nuova facciata con i mosaici di Filippo Risuti.
I successivi cambiamenti avvennero nel XV secolo, quando il cardinale d’Estouteville fece coprire con volte le navate laterali, aprire le due porte laterali e commissionò a Mino del Reame un lussuoso ciborio, poi smantellato dal Fuga; nel 1500 Alessandro VI, ancora cardinale, fece completare il meraviglioso soffitto a cassettoni, opera di Giuliano da Sangallo, con il primo oro arrivato dall’America appena scoperta, dono dei re cattolici Ferdinando d’Aragona ed Isabella di Castiglia; inoltre, nel XVII secolo, Clemente X incaricò Carlo Rainaldi di curare la parte absidale, anche se in questa occasione furono distrutti i mosaici che ornavano la calotta esterna dell’abside duecentesca. Benedetto XIV, nel 1743, commissionò a Ferdinando Fuga la facciata attuale con la Loggia delle Benedizioni (nella foto sotto il titolo), che, purtroppo, copre alla vista i bellissimi mosaici del Risuti, anche se ciò ha contribuito a preservarli. La facciata odierna, preceduta da un’ampia scalinata e racchiusa tra due palazzi gemelli scanditi da piatte lesene, stemmi e balaustre finali, è costituita da un portico a cinque ingressi con 8 colonne antiche sostenenti una trabeazione sulla quale vi sono due timpani triangolari ed uno centrale curvilineo, ornati da angioletti con al centro le statue della Verginità e dell’Umiltà. Sopra il portico è situata una grande loggia a tre arcate scandite da 6 colonne e conclusa da una balaustra con statue di Santi, pontefici e la statua centrale della “Madonna con il piccolo Gesù”. Sotto il portico, al centro, vi è una porta del 1937 con rilievi bronzei raffiguranti l’Incarnazione, mentre a sinistra è situata la Porta Santa (nella foto 2).
L’interno della Basilica di S.Maria Maggiore, lungo 85 metri, è a tre navate scandite da 42 colonne con capitelli ionici e moderni. Numerose le sepolture importanti qui conservate: nella navata destra vi è la Cappella Sistina (nella foto 3), costruita nel 1587 da Domenico Fontana per volontà di Sisto V. I marmi policromi e le colonne furono ricavati dal “Septizodium“; al centro è situato un grande tabernacolo in bronzo dorato, opera di Lodovico del Duca, con quattro angeli dorati, realizzati da Sebastiano Torrigiani, che sostengono il ciborio. Ai lati della cappella vi sono il monumento funebre di Sisto V (nella foto 4) e quello di Pio V.
Nel battistero possiamo ammirare la tazza di porfido rosso ed il rilievo dell’Assunta, opera di Pietro Bernini del 1610. In questa cappella si trova la singolare tomba di Antonio Emanuele Funta, soprannominato “Nigrita”, ambasciatore di Alvarez II, re del Congo, che nel 1604 lo inviò a Roma per ottenere l’invio di missionari nelle sue terre. Paolo V lo accolse con grandi festeggiamenti, ma il povero Nigrita morì prima di essere ricevuto dal papa; il monumento reca la testa del Nigrita in pietra nera sulla quale spiccano due bianchissimi occhi ed una falsa epigrafe: il monumento fu fatto per ordine di Paolo V, ma l’epigrafe fu fatta cambiare, più tardi, da Urbano VIII, per arrogarsi il merito di aver onorato il congolese.
Poco distante dalla Cappella ed accanto all’altare maggiore è situata, sul pavimento, la lastra tombale della famiglia Bernini (nella foto 5), dove vi sono sepolti sia Gianlorenzo che suo padre Pietro. Da questo punto si può ammirare anche uno dei più bei mosaici absidali, eseguito da Jacopo Torriti nel 1295 su commissione di Niccolò IV e Giacomo Colonna. Sullo sfondo del firmamento, entro un’aureola stellata, siedono Cristo e la Vergine; il Figlio con una mano incorona la Madre e nell’altra regge un libro sul quale si legge “Veni Electa Mea Et Ponam In Te Thronum Meum“. Al di sotto del nimbo convergono, da entrambi i lati, due schiere angeliche; sullo stesso piano trovano spazio a sinistra S.Francesco, S.Paolo e S.Pietro, davanti ai quali vi è la figura molto più piccola di Niccolò IV, a destra invece S.Giovanni Battista, S.Giovanni Evangelista e S.Antonio da Padova, con la piccola figura del cardinale Colonna. Bellissima è anche la Cappella del Crocefisso, ornata da 10 colonne di rosso porfido, dove, oltre al pregevole Crocefisso del Quattrocento, vi sono conservate molte reliquie. Nella navata sinistra si può ammirare la Cappella Paolina, eretta per volontà di Paolo V Borghese da Flaminio Ponzio, tra il 1605 ed il 1615.
La Cappella, ornata con marmi antichi di diversa provenienza, custodisce il monumento funebre di Paolo V, quello di Clemente VIII e la Sacra Immagine della Madonna più cara ai romani, la “Salus Populi Romani” (nella foto 6), ovvero la “Salvezza del Popolo Romano”. Si tratta di un’icona bizantina, ospitata in questa Cappella fin dal 1611 espressamente per volere di Paolo V e rappresenta Maria che reca in braccio il Bambino Gesù, il quale con una mano benedice e con l’altra sorregge un libro, probabilmente quello dei Vangeli. La Madre è raffigurata nel compimento dello stesso gesto, con la mano destra che tuttavia non è sollevata, ma si ricongiunge all’altra, nella quale tiene una pergamena arrotolata, incrociando le braccia sulle piccole ginocchia del Figlio. L’opera è di datazione incerta, collocabile tra l’VIII ed il XII secolo ed è considerata la principale patrona di Roma; il suo nome deriva dalla consuetudine di portarla in processione per le vie romane per scongiurare pericoli e disgrazie, o per porvi fine, come nel caso delle pestilenze. Un documento del 1240 attesta che essa era nota in passato con il titolo di Regina Coeli. Degne di nota anche la Cappella Sforza, costruita nel 1573 da Giacomo Della Porta su disegno di Michelangelo e la Cappella Cesi, con i bellissimi affreschi del Sermoneta e di Guidetto Guidetti. Il campanile, il più alto di Roma (75 metri), fu costruito nel 1370 per volontà di Gregorio XI, anche se fu portato a termine grazie ai finanziamenti del cardinale d’Estouteville quasi un secolo dopo, mentre a Giulio II si deve la copertura piramidale sulla quale svetta la croce infissa in una palla di rame dorato. I primi due piani presentano doppie monofore mentre i tre piani successivi bifore binate su colonnine marmoree inscritte in una monofora; dischi concavi di maiolica verde, associati a liste di marmo bianco, completano la decorazione delle facciate.
Nel XVI secolo vi era collocato un orologio per le ore latine, poi sostituito da quello attuale dalle dodici ore in occasione della ricostruzione del Fuga. Fino al secolo scorso la cella campanaria ospitava una campana chiamata “la Sperduta”, perché si racconta che una pellegrina, venendo a Roma a piedi, avesse perso la strada e che si fosse raccomandata alla Vergine per essere aiutata. Subito udì i rintocchi della campana, seguendo i quali raggiunse la basilica di S.Maria Maggiore e quindi la salvezza. In ricordo del fatto la pellegrina lasciò una rendita affinché alle 2 di notte (oggi alle 21) venisse perpetuamente suonata la campana: la Sperduta, realizzata da Guidotto ed Andrea Pisano nel 1289, dalla fine del 1800 si trova nella Galleria di Urbano VIII presso i Musei Vaticani, sostituita da un’altra campana, altrettanto antica in quanto risale al XIII secolo, donata da Leone XIII.
Sulla piazza antistante l’ingresso della Basilica di S.Maria Maggiore, in Piazza S.Maria Maggiore, sorge (nella foto 7) l’unica colonna di marmo rinvenuta integra nella Basilica di Massenzio e che sorreggeva, insieme ad altre sette, la grandiosa volta centrale. La Colonna della Pace (così fu nominato il monumento) fu eretta da Carlo Maderno nel 1614 per volontà di Paolo V, il quale volle porvi sopra la statua bronzea della “Vergine con Bambino” di Guillaume Berthélot ed Orazio Censore. Si racconta che tale opera fu compiuta in tale brevissimo tempo e senz’altro danno che la caduta, senza conseguenze, di una guardia svizzera dall’alto di un’impalcatura, che il pontefice, entusiasta, elargì grandi premi ai lavoratori che avevano preso parte ai lavori.
Ai piedi della Colonna è situata una fontana (nella foto 8) costituita da una grossa vasca oblunga di travertino, modanata, rialzata dal livello stradale tramite quattro gradini di graniglia ed un gradone che la elevano di circa due metri. Al centro della vasca, sollevato su un balaustro, s’innalza un catino circolare dal quale si diparte un breve zampillo d’acqua. Oggi la fontana è priva dei due draghi araldici dei Borghese che gettavano acqua e che il Maderno pose sui lati lunghi, mentre le aquile, altro emblema della famiglia Borghese, versano ancora acqua nelle vaschette dei lati brevi. Forse i draghi andarono perduti durante i lavori di sistemazione del livello stradale eseguiti nell’Ottocento: fu probabilmente sempre in questa occasione che il catino venne sostituito e che scomparve la fontana-abbeveratoio posta a ridosso della Colonna, ma dalla parte opposta.
La sistemazione della retrostante Piazza dell’Esquilino (nella foto 9), dove si affaccia l’abside della Basilica di S.Maria Maggiore alla quale si accede tramite una bella scalinata, si deve a Papa Sisto V e risulta dall’unione delle due antichissime piazzette “del Pozzo Roncone” e “delle Case d’Orlando“; qui il pontefice fece erigere un obelisco di granito, alto 14,75 metri, privo di geroglifici, quindi non databile e d’ignota provenienza. Il monolite, collocato originariamente dinanzi all’ingresso del Mausoleo di Augusto, insieme all’altro obelisco che si trova oggi in Piazza del Quirinale, fu rinvenuto nel 1519 nei pressi della chiesa di S.Rocco, sepolto e spezzato in tre parti. Recuperato, fu abbandonato in quella zona per vari anni, finché nel 1587 Papa Sisto V incaricò Domenico Fontana di collocarlo nella sede attuale, in Piazza dell’Esquilino, ma in pratica lungo la cosiddetta “Strada Felice“, il lungo rettifilo ancora oggi visibile, seppur frazionato, nelle Via Sistina, Via delle Quattro Fontane, Via Agostino Depretis, Via Carlo Alberto, Via Conte Verde e Via di S.Croce in Gerusalemme e che congiungeva Trinità dei Monti a S.Croce in Gerusalemme: Felice è il nome di battesimo di Papa Sisto V Peretti che commissionò l’opera.
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Nella sezione Roma nell’Arte vedi:
S.Maria Maggiore di G.B.Piranesi