Via del Governo Vecchio collega piazza dell’Orologio a piazza di Pasquino ed il nome attuale le venne assegnato allorché, nel 1755, la sede del Governatorato di Roma venne trasferita da palazzo Nardini, situato al civico 39, (che divenne, quindi, la sede del “vecchio” Governo) a palazzo Madama. La sua precedente denominazione era “via Parionis“, o “di Parione” (da non confondersi con quella odierna, la quale, essendo una traversa di via del Governo Vecchio, segue, ovviamente, un percorso diverso) ma veniva chiamata anche “via Papae“, o “Papalis”, o “dei Pontefici”, per i cortei pontifici che vi passavano in occasione della cavalcata per la “presa di possesso” che il novello papa effettuava, in qualità di Vescovo di Roma, per recarsi da S.Pietro alla basilica di S.Giovanni in Laterano. Il percorso della “via Papalis” non fu sempre lo stesso: nella pianta del Tempesta è indicato da S.Pietro attraverso ponte S.Angelo, i Banchi, via del Pellegrino, Campidoglio, Foro Romano ed infine “Stradone di S.Giovanni“, mentre più tardi il percorso si snoderà attraverso via dei Banchi Nuovi, via del Governo Vecchio, “piazza di Parione” (odierna piazza di Pasquino), piazza di S.Pantaleo, piazza d’Aracoeli, Campidoglio e lo “Stradone di S.Giovanni“.
Via del Governo Vecchio, oggi particolarmente interessante per gli edifici e le botteghe del XV e del XVI secolo che la fiancheggiano, è condivisa tra due rioni: il tratto da piazza di Pasquino fino a via Corallo appartiene al rione Parione, il rimanente tratto, che ora prendiamo in considerazione, da via Corallo fino a piazza dell’Orologio appartiene al rione Ponte. Al civico 3, ad angolo con via degli Orsini, troviamo Palazzo Corcos Boncompagni (nella foto 1), costruito alla fine del Cinquecento per i Corcos, una ricca famiglia di mercanti ebrei residenti a Roma già dal Medioevo. Nonostante il nome, l’edificio non appartenne mai alla storica famiglia romana dei Boncompagni, ma deriva dal fatto che Salomon Corcos, istruito dai Filippini, si convertì al Cristianesimo e, in onore del papa regnante Gregorio XIII Boncompagni, assunse nome e cognome del papa, ovvero Ugo Boncompagni. Il palazzo fu acquistato dagli Scarinci e successivamente dai Camerata, che lo tennero fino alla metà del Settecento, quando vi si insediò l’Accademia degli Infecondi, una congrega di fanatici della verginità, che esaltavano anche in poesia la loro purezza. Ai primi del Novecento l’edificio divenne proprietà dei De Sangro. Il palazzo si presenta con una facciata composta di due piani più due ammezzati, uno al piano rialzato e l’altro tra il primo ed il secondo piano, per cui risultano file alternate di grandi e piccole finestre.
Splendido ed imponente il portale (nella foto 2), con le colonne che sorreggono un balcone balaustrato; tra le colonne, una grande conchiglia da cui pendono due festoni, mentre i capitelli sono teste di drago, simbolo araldico dei Boncompagni, che compaiono anche sul cornicione. Fra le altre decorazioni si notano i mascheroni entro i timpani curvilinei delle finestre del primo piano e teste femminili entro clipei sulle finestre dell’ultimo piano. I cantonali con bugne di spessore digradante salgono fino al cornicione.
Al civico 14 incontriamo un edificio (nella foto 3) caratterizzato da un forte bugnato ed appartenente agli Avila, commercianti spagnoli presenti a Roma dal Cinquecento; una lapide posta sulla facciata ricorda che “IN QUESTA CASA A DI XXV GENNAIO MDCCCXXX (25 gennaio 1830) NASCEVA PIETRO COSSA CHE L’OPERA GLORIOSA DI METASTASIO E D’ALFIERI RINNOVELLANDO ALL’ITALIANA LETTERATURA LA TEATRALE CORONA RINVERDIVA CON GLI IMMORTALI SUOI DRAMMI MDCCCLXXXII (1882)”.
Accanto a Palazzo Avila, al civico 13, è situato un grazioso edificio del Quattrocento (nella foto 4) con finestre incorniciate di travertino e piccolo portone arcuato.