Palazzo Primoli (nella foto sopra) si apre al civico 1 di via Giuseppe Zanardelli e la sua costruzione originaria risale al Cinquecento quando fu costruito per la famiglia dei Gottifredi, come risulta anche dalla pianta del Nolli del 1748. Alla fine del Settecento passò ai Filonardi e nel 1828 fu acquistato da Luigi Primoli, conte di Foglia, il cui figlio Pietro sposò Carlotta Bonaparte, figlia di Carlo Luciano Bonaparte e nipote di Napoleone I; da questo matrimonio nel 1851 nacque il conte Giuseppe Primoli, che nel 1909 fece ricostruire il palazzo. L’opera si rese necessaria a causa delle radicali modifiche della zona dovute alla costruzione dei muraglioni del Tevere ed all’apertura di via Giuseppe Zanardelli ed i lavori furono affidati all’architetto Raffaele Ojetti. Il primo piano dell’edificio divenne così l’attuale pianterreno, venne eretto un nuovo corpo di fabbrica con logge angolari addossato al vecchio edificio e venne creato un ingresso monumentale (nella foto 1) sulla nuova via, costituito da tre arcate che sostengono l’architrave, sormontato da una balaustra con quattro statue antiche. Sia la soluzione angolare sia il nuovo ingresso furono ornati con colonne di granito bigio, mentre per i piani superiori fu utilizzato il granito rosa. Sugli angoli e per le scansioni verticali fu usato il bugnato che riveste anche il basamento fino ai davanzali del mezzanino.
La facciata su piazza di Ponte Umberto I (nella foto 2) presenta, al primo piano, un balcone con finestra affiancata da colonne e con timpano triangolare; al secondo piano una finestra ripropone la soluzione adottata per quella d’angolo, ovvero colonne di granito rosa con capitello corinzio e balaustra. Il cornicione, con dentelli, ovuli e mensole con foglie d’acanto, sostiene un terrazzo delimitato da un alternarsi di balaustre e parti chiuse. Il palazzo cinquecentesco fu comunque conservato e corrisponde al pianterreno del palazzo che si apre su via dei Soldati con due bellissimi portali architravati (nella foto 3) al centro dei quali vi fu posto, in occasione della ristrutturazione novecentesca, lo stemma della famiglia Primoli, un leone accompagnato da una cometa ondeggiante (nella foto 4).
Anche l’interno del palazzo presenta diverse peculiarità: i pavimenti delle sale III, IV, V, IX e X sono dell’Ottocento e provengono dall’ala demolita di palazzo Margani-Senni in via d’Aracoeli; la porta della III sala è in legno dorato, risale alla fine del Settecento e fu recuperata da una cappella dell’Ospedale S.Carlo a Borgo S.Spirito, costruito da papa Pio VI tra il 1788 ed il 1792 e poi demolito nel 1939. Giuseppe Primoli visse a Parigi dal 1853 al 1870, ovvero dall’ascesa al trono imperiale di Francia del cugino Napoleone III fino al declino dell’impero. A Parigi, quindi, Giuseppe trascorse gli anni della sua giovinezza, a contatto con la principessa Matilde (figlia di Girolamo Bonaparte), alla quale fu particolarmente legato, e con l’imperatrice Eugenia (moglie di Napoleone III). Fu qui che apprezzò l’arte e la letteratura, alle quali si dedicò anche una volta tornato a Roma: nel suo salotto di palazzo Primoli infatti radunava scrittori e giornalisti come Boito, Giacosa, Serao, D’Annunzio ma soprattutto vi raccolse testi, opere d’arte, memorie e cimeli di vario tipo relativi a Napoleone ed agli altri membri della famiglia.
Allestì la collezione negli ambienti del pianterreno, che conservano ancora alcuni soffitti del Settecento a travetti dipinti, fregi parietali, maioliche napoletane degli inizi dell’Ottocento e le decorazioni neogotiche riemerse nel corso dell’ultima ristrutturazione, rimaste a lungo nascoste fra le tappezzerie della Sala dei papi, ora dedicata alle principesse Zenaide e Carlotta. Giuseppe, inoltre, fu un geniale fotografo, una passione che lo portò ad immortalare migliaia di lastre documentando in maniera preziosa la vita di Roma e di altri luoghi. Quando il conte morì nel 1927, donò al Comune di Roma la sua grande collezione dando vita al Museo Napoleonico, tuttora situato nel palazzo. Il Museo ripercorre le vicende del Primo e del Secondo Impero (nella foto 5 la Sala del Primo Impero) fino alla caduta di Napoleone III nel 1870. La raccolta si sofferma in particolare su vari aspetti della vita privata, rivelando frammenti di storie familiari, vicende individuali, nascite, passioni e matrimoni, dedicando particolare attenzione ai rapporti che legarono alcuni dei Bonaparte alla città di Roma. Vi sono esposti ritratti e busti degli esponenti della famiglia, preziose tabacchiere artistiche ed oggetti di uso quotidiano, porcellane finemente decorate ed album di ricordi, gioielli e piccoli ritratti in cera, libri ed abiti.
Degno di nota è un calco in gesso del seno di Paolina Bonaparte, sorella di Napoleone e moglie di Camillo Borghese, riferibile alla celebre statua di Antonio Canova situata nella Galleria Borghese. L’edificio ospita anche la Fondazione Primoli, istituita a Roma per testamento dello stesso conte Giuseppe Primoli ed eretta in Ente Morale con Decreto Reale 8 marzo 1928. La Fondazione ha lo scopo di promuovere relazioni di cultura letteraria fra l’Italia e la Francia, con speciale riguardo a studi moderni: a tale scopo fu istituito in questo palazzo un pensionato per giovani francesi che venissero a compiere i loro studi in Italia, mentre giovani italiani in egual numero avrebbero ricevuto alloggio a Parigi, preferibilmente nella nuova città universitaria.
La Fondazione Primoli occupa oggi quasi tutto il primo piano, dove si trovano gli uffici di Presidenza e di Amministrazione, la Biblioteca, specializzata in storia, letteratura ed arte francese e contenente circa 30.000 volumi, e l’Archivio Fotografico, che comprende circa 15.000 lastre e fotografie, quasi tutte eseguite dallo stesso Conte Primoli, e in parte da suo fratello Luigi. Al terzo piano, in un appartamento di proprietà della Fondazione, ha sede dal 1° giugno 1995 il Museo Mario Praz, gestito dalla Soprintendenza alla Galleria nazionale di arte moderna di Roma. Si tratta di una casa-museo che raccoglie un migliaio di opere tra mobili, dipinti, disegni, terrecotte, bronzi, miniature, argenti, compresi tra la fine del XVIII secolo e la prima metà dell’Ottocento, raccolti da Mario Praz, anglista e critico d’arte.