Via di S.Maria dell’Anima prende il nome dalla chiesa omonima che fu qui costruita nel XV secolo, mentre in precedenza era chiamata Via dei Millini, per la presenza di questa famiglia nel complesso conosciuto come Tor Millina. Nel 1873 venne anche rinominata Via dell’Anima in seguito alla proposta, presentata in Campidoglio dal consigliere comunale Ruspoli, di togliere alle strade ogni riferimento a cose o luoghi sacri: Via di S.Maria dell’Anima riebbe il suo nome originario soltanto nel 1943. La chiesa di S.Maria dell’Anima (nella foto sopra) è la chiesa nazionale tedesca e sorse su tre case che Joannes Peter da Dordrecht e consorte acquistarono per adibirle ad ospizio per l’accoglienza dei poveri e dei pellegrini germanici. Durante i lavori di costruzione dell’oratorio avvenuti alla fine del Quattrocento fu rinvenuto un affresco raffigurante Maria tra due anime del Purgatorio e per questo motivo la chiesa, eretta nel 1542, fu intitolata a S.Maria de Anima. L’edificio subì varie ricostruzioni in seguito ai danni compiuti dai lanzichenecchi nel 1527 o dopo l’invasione francese del 1798, durante la quale la chiesa fu utilizzata come fienile e scuderia: soltanto con Pio IX (1846-78) venne restituita al culto ed alla sua primitiva destinazione. Una curiosità: fino alla metà del Novecento i seminaristi dell’adiacente collegio indossavano una veste talare di colore rosso e ciò indusse i romani, sempre pronti ad epiteti mordaci, a chiamarli gamberi cotti. La facciata in laterizio, attribuita a Giuliano da Sangallo (1514-23), è divisa in tre ordini orizzontali da robusti cornicioni, scanditi da lesene in travertino sormontate da capitelli in stile corinzio.

Pochi anni dopo fu posto sul timpano del portale centrale, affiancato da colonne rudentate in marmo portasanta, il gruppo della Madonna con le Anime Oranti di Andrea Sansovino (nella foto 1), probabilmente una riproduzione dell’antico affresco. Ai lati di quello centrale vi sono altri due portali di dimensioni minori sormontati da timpani centinati. Tre grandi vetrate, arcuate superiormente, occupano quasi per intero il secondo ordine mentre al terzo vi è un grande oculo centrale affiancato da lesene e dagli stemmi di Papa Adriano VI, qui sepolto.

Caratteristico ed elegante il campanile in mattoni (nella foto 2), costruito su progetto di Andrea Contucci detto il Sansovino (dal suo luogo di origine, Monte San Savino, in provincia di Arezzo) che presenta partizioni architettoniche in marmo, bifore rinascimentali ed una guglia ricoperta di piccoli dischi di ceramica policromi. L’interno della chiesa è a tre navate asimmetriche divise da pilastri con capitelli corinzi, ai quali sono addossati numerose lapidi sepolcrali, mentre, secondo la caratteristica delle hallenkirchen tedesche, le cappelle laterali sono della medesima altezza delle navate.

Notevoli le opere d’arte che vi sono conservate, come la magnifica pala posta presso l’altare maggiore e raffigurante la Sacra Famiglia con i Santi Giacomo, Marco e Giovannino (nella foto 3), realizzata da Giulio Romano tra il 1521 ed il 1522 su commissione di Jakob Fugger per arredare originariamente la Cappella Fugger, poi spostata a fine Seicento sull’altare maggiore per risparmiarle ulteriori danneggiamenti conseguenti alle inondazioni del Tevere.

Degna di nota è la Cappella della Pietà (nella foto 4), così denominata perché vi si trova la pregevole Pietà dello scultore ed architetto di origine fiorentina Lorenzo Lotti, detto Lorenzetto, allievo di Raffaello e cognato di Giulio Romano. L’opera, realizzata nel 1532, doveva replicare fedelmente la famosa Pietà Vaticana di Michelangelo Buonarroti: nonostante le profonde similitudini, il Lorenzetto introdusse significative varianti come la posizione del capo del Cristo poggiato sul petto della Vergine Maria, a differenza dell’opera di Michelangelo nella quale il capo di Gesù è reclinato all’indietro.

Presso l’altare maggiore possiamo ammirare il grande cero pasquale (nella foto 5) donato nel 1885 dall’imperatore d’Austria Francesco Giuseppe, mentre sulla destra si trova il Monumento funerario ad Adriano VI (nella foto 6), realizzato su disegno e sotto la direzione di Baldassarre Peruzzi.

La parte centrale del monumento è costituita dal sarcofago sopra il quale il pontefice giace come addormentato, inclinato verso sinistra e con il capo coronato dalla tiara. La parte inferiore è costituita da un bassorilievo, opera di Niccolò Pericoli, detto il Tribolo, che raffigura l’ingresso di Adriano VI a Roma, rappresentata dalla statua del Tevere con la cornucopia, dalla lupa con Romolo e da alcuni edifici caratteristici. Ai lati del monumento vi sono rappresentate, tra quattro semicolonne, le statue della Giustizia, della Prudenza, della Fortezza e della Temperanza, opere di Michelangelo Senese. Il pontefice, morto nel 1523, inizialmente fu sepolto nella Basilica di S.Pietro tra i pontefici Pio II e Pio III e famosa rimase la pasquinata Hic jacet impius inter Pios, ovvero “Qui giace un non pio tra i Pii”, che la dice lunga sull’avversione del popolo romano verso questo pontefice. Dieci anni dopo fu un fedele amico del papa, il cardinale Wilhelm Enkenvoirt, a trasferirne qui le spoglie ed a scrivere sulla sua tomba una semplice ed amara iscrizione: PROH DOLOR! QUANTUM REFERT IN QUAE TEMPORA VEL OPTIMI CUIUSQ(UE) VIRTUS INCIDAT, ovvero “Ahimé che dolore! Quanto influisce l’epoca in cui avviene la virtù, anche quella di un’ottima persona”.

Al civico 16 di questa via possiamo ammirare un portone tardo rinascimentale appartenente al Palazzo De Cupis (nella foto 7), costruito nel 1540 dal cardinale Giovanni Domenico De Cupis: sopra il portone è ancora visibile lo stemma della casata, un ariete rampante scolpito a bassorilievo.

Al civico 66 si trova Casa Sander (nella foto 8), un palazzetto fatto costruire nel 1508 dal notaio sassone Giovanni Sander di Nordhausen, appartenente al Tribunale della Sacra Rota. L’edificio fu costruito per ospitarvi i connazionali tedeschi in pellegrinaggio a Roma, conosciuto come Ospizio dei Teutoni di S.Maria dell’Anima. Il palazzetto sviluppa su quattro piani: il portale è sormontato dalla seguente iscrizione: IO(HANNES) SANDER NORTHUSANUS ROTAE NOTARIUS FEC(IT) MDVIII, ovvero “Giovanni Sander di Nordhausen Segretario della Rota fece nel 1508”. Le finestre architravate del primo piano riportano l’iscrizione IO(HANNES) SANDER NORTHUSANUS, ovvero “Giovanni Sander di Nordhausen”, mentre le finestre del secondo piano IO(HANNES) SANDER NOTARIUS ROTAE, ovvero “Giovanni Sander Segretario della Rota”.
La facciata è adorna di graffiti e presenta numerose iscrizioni in latino, alcune inserite in occasione del restauro del 1873 ed altre in quello del 1900, quando in due tondi al di sotto del tetto vennero raffigurati i ritratti di Dante e Virgilio.
La prima iscrizione, situata nella fascia al di sopra delle finestre del pianterreno, così recita: PRIMAE DOMUS SOLEMNIS HOSPITALIS B. MARIAE ANIMARUM TEUTONICORUM URBIS STRUCTOR ILLIUSQ EXCULTOR, ovvero “Fondatore e benefattore della prima sede del nobile Ospizio della Beata Maria delle Anime dei Teutoni a Roma”.
Tra le finestre del primo piano è scritto: RENOVAT(A) ANNO DOM(INI) MDCCCLXXIII, ovvero “Rinnovata nell’Anno del Signore 1873”. Al di sopra delle finestre vi è l’iscrizione che augura vita eterna alla casa:
HEC DOMUS EXPECTET LUNAS SOLESQ(UE) GEMELLOS
PHOENICAS NATOS COR(R)UAT ANTE DUOS
ovvero “Questa casa aspetterà due lune e due soli (e) crollerà quando nasceranno due figli della stessa fenice”.
Al di sopra delle finestre del secondo piano vi è la seguente iscrizione:
QUOS DE THEUTONICA SOCIOS HIC GENTE TUERIS
CONSORTES SUPERI FAC PIA VIRGO SOLI
ovvero “O Vergine, fa’ che i membri del popolo teutonico che tu proteggi possano partecipare alla vita celeste”. Oggi la palazzina appartiene al Pontificio Istituto Teutonico che sovrintende alla chiesa di S.Maria dell’Anima.

Su Via di S.Maria dell’Anima è situata un’altra chiesa, piccola ma ricca di interessanti memorie: S.Niccolò (o S.Nicola) dei Lorenesi (nella foto 9), dedicata originariamente a S.Caterina e nel 1622 affidata da Papa Gregorio XV alla Confraternita dei Lorenesi. Nel 1636 la chiesa fu riedificata dall’architetto François du Jardin (italianizzato in Francesco Giardini) utilizzando i marmi del vicino Stadio di Domiziano e per questo motivo detta anche S.Nicola in Agone. L’interno è a pianta rettangolare con copertura a volta e due cappelle laterali. Il soffitto, il catino absidale e l’interno della cupola furono dipinti da Corrado Giaquinto nel 1733. La facciata presenta due ordini orizzontali: al piano inferiore apre un bel portale sormontato da un grande timpano triangolare ed affiancato da una coppia di nicchie. Quattro lesene sostengono una trabeazione con l’iscrizione dedicatoria IN HONOREM S.NICOLAI NATIO LOTHARINGORUM ovvero “In onore di S.Nicola, la nazione dei Lorenesi”. Il piano superiore è dotato di quattro lesene ioniche che inquadrano due coppie di nicchie ed una grande finestra centrale con cornice barocca e timpano semicircolare. Il frontone triangolare a coronamento contiene una piccola finestra quadrata. Proveniente dalla distrutta chiesa di S.Salvatore in Thermis, all’interno vi è conservato il Crocifisso dinanzi al quale, per una simpatica usanza oggi perduta, usavano recarsi gli sposi alla vigilia del matrimonio per giurarsi eterno amore.
