Il toponimo di Via Margutta è assai incerto. Alcuni accademici credono che l’etimologia provenga dalla contrazione volgare di “Marisgutia“, cioè “Goccia di Mare”, eufemismo gratificante di un fetente ruscello che dalla villa dei Pincii scendeva e finiva nel Tevere, una cloaca naturale insomma. Altri cronisti, recentemente, sostengono che il nome derivi dalla famiglia Marguti: in effetti, dal censimento del 1526, risulta che un tal Luigi Marguti, di professione barbiere, abitasse nella via. Via Margutta, all’origine, era soltanto il retro dei palazzi di via del Babuino, dove si posteggiavano le carrozze ed i carretti e dove si trovavano i magazzini e le scuderie. Sulle pendici della collina, piccole case di stallieri, muratori, marmisti, cocchieri e nel viottolo l’attività degli operai aveva maggior spazio che non nei cortili gentilizi dei palazzi. Dobbiamo all’ignoto artista che istituì la prima bottega dove si facevano ritratti e fontane invece che fregi e ringhiere, la fiorente migrazione degli artisti (per lo più stranieri, fiamminghi, tedeschi, inglesi ma anche italiani forestieri) che sostituirono case e giardini a baracche e stalle. Un giovane monsignore di origine belga, Saverio de Merode, un faccendiere del Vaticano in simpatia a Pio IX, avvertì l’aria di cambiamento: si accaparrò i territori delle pendici, smantellò gli orti, impiantò le fogne e sistemò il piano regolatore del vicolo che diventò una strada. È certamente una strada particolare, dove sembra di respirare aria priva di smog e sin dal suo delinearsi, attorno alla seconda metà del Cinquecento, mostrò il suo aspetto di “strada fuori porta“, profumata dal verde dei giardini e delle vigne, e per questo tanto amata dagli artisti, pittori, scultori, antiquari, anche se oggi tanti di questi studi sono divenuti abitazioni private.
Al civico 53B della via è situato Palazzo Patrizi Naro (nella foto 1), edificato per la nobile famiglia nel 1858, come indica l’iscrizione sul prospetto, anche se i lavori terminarono nel 1860. In parte fu adibito a studi di artisti, come indicano le due lapidi: STUDI DI PITTURA E DI SCULTURA. Nel palazzo ebbe sede, dal 1887 al 1960, l’Associazione Artistica Internazionale, che ha rappresentato una delle pagine culturali più significative di Roma Capitale. Non si può fare a meno di segnalare che qui, nel 1917, un giovane Pablo Picasso affittò uno studio dal Marchese Giuseppe Patrizi e qui il grande artista dipinse due suoi grandi capolavori: L’Italiana, oggi nella Collezione Bührle di Zurigo, e l’Arlecchino e donna con collana, conservato al Museo Nazionale d’Arte Moderna Centre Georges Pompidou di Parigi.
Il palazzo sviluppa su tre piani, con una sopraelevazione di fine Ottocento, e presenta una facciata caratterizzata da una finta loggia con quattro paraste a sostegno di tre archi con oculi e finestre timpanate, a triangolo le laterali, a centina la centrale. Il muro di cinta fu costruito più tardi, nel 1885, con un cancello in ferro che immette nel cortile. Oggi l’edificio ospita ancora studi e gallerie d’arte.
La foto 2 mostra un bellissimo editto del 9 settembre 1740 (e qualcosa) affisso su un muro della via, dove si legge: “D’ordine di Mons.re Rev.imo Presidente delle Strade – si vieta a tutte e sing.le persone fare mondezzaro nella via Margutta – pena di scudi dieci per volta et altre pene corporali – nerbate – ceppi – giri di rota o come il mastro di strada volesse assecondo l’età e il sesso“. Sicuramente un messaggio molto chiaro per tenere pulite le strade!
Lungo la via è situata anche la Fontana delle Arti (nella foto 3), originale fontanina a base triangolare, con vertici arrotondati e sormontati da un secchio di pennelli (in relazione alla vita artistica che si svolge in questa via sin dal XVII secolo), realizzata nel 1927 su progetto dell’architetto Pietro Lombardi, il quale realizzò altre fontanelle, tutte allusive, nelle decorazioni, agli stemmi dei rioni o alle attività dei luoghi, come la Fontana dei Libri, la Fontana delle Anfore, la Fontana delle Tiare, la Fontana della Pigna, la Fontana dei Monti, la Fontana della Botte, la Fontana delle Palle di Cannone e la Fontana del Timone. La fontana delle Arti, inserita in un arco marmoreo su paramento murario, è costituita da un insieme allegorico di cavalletti, tavolozze, maschere, pennelli e compassi da scultore. I due mascheroni centrali, uno triste ed uno lieto a significare l’alterno stato d’animo degli artisti, poggiano su mensole applicate su cavalletti da pittore e versano acqua in due piccole vasche sottostanti.