La Basilica S.Marco (nella foto sopra) fu fondata nel 336 da Papa Marco nel luogo dove S.Marco Evangelista avrebbe vissuto nel suo soggiorno romano intorno al 41 d.C. e che fu poi trasformato in oratorio. La chiesa, dedicata proprio a S.Marco Evangelista, fu restaurata varie volte, soprattutto dopo i saccheggi successivi alle incursioni dei Goti, dei Longobardi e dei Bizantini dei secolo VI e VII: Papa Adriano I (772-795) ne restaurò il tetto e le navate laterali, Papa Gregorio IV (827-844) demolì le parti pericolanti del tempio, ricostruendole ed ornando l’abside con i magnifici mosaici tuttora esistenti. Le inondazioni del Tevere di quegli anni raggiunsero spesso la Basilica S.Marco, non favorendone certo la stabilità né la buona conservazione degli arredi. Nel 1154 la chiesa fu dotata di un ciborio, opera di quattro marmorari romani, Giovanni, Pietro, Angelo e Sassone, figli di Paolo Romano (gli stessi che firmarono anche quello di S.Lorenzo fuori le mura), del quale rimangono le colonne di porfido poste agli ingressi laterali del presbiterio nonché dieci colonnine attualmente nel portico. Un intervento più consistente avvenne tra il 1455 ed il 1471, quando Papa Paolo II Barbo, che accanto alla chiesa aveva costruito il proprio palazzo, detto appunto di S.Marco (e successivamente Venezia), destinò chiesa e palazzo alla comunità veneziana di Roma: in questo periodo il tetto della Basilica S.Marco venne ricoperto con lamine di piombo incise con le insegne papali (così come usavano fare per i mattoni gli imperatori romani), fu decorato il soffitto a cassettoni della navata centrale, al centro del quale spicca lo stemma di Paolo II Barbo (il leone rampante), furono restaurati ed adornati con nicchie i muri della navata centrale, eretto il portico esterno con la loggia sovrastante.
Arricchita da una serie di monumenti funerari nelle navate, la Basilica S.Marco presenta lo stile tipico del tardo barocco romano: Leon Battista Alberti, che partecipò anche alla costruzione di palazzo Venezia, potrebbe essere l’autore dell’elegante porticato in travertino e della loggia della facciata eretta con i travertini prelevati dal Colosseo e dal Teatro di Marcello. Tra il 1503 ed il 1523 il cardinale Domenico Grimani fece rifare il pavimento con grandi riquadri di arte cosmatesca che ancora oggi possiamo ammirare, mentre tra il 1654 ed il 1657 la chiesa fu decorata per volontà dell’ambasciatore veneto Nicolò Sagredo su progetto di Orazio Torriani: in questa occasione vennero poste nuove vetrate alle finestre, venne eseguita la decorazione a ghirlande fra le finestre stesse e vennero decorati a stucco le arcate ed i capitelli. Un nuovo e più impegnativo restauro venne promosso dal cardinale Angelo Maria Quirini nel 1735 su progetto di Filippo Barigioni: fu in questa occasione che la Basilica S.Marco assunse l’aspetto attuale, dopo la sostituzione delle colonne di granito con altre di mattoni rivestite di diaspro di Sicilia, con l’aggiunta dei rilievi a stucco come decorazione della navata maggiore, con la costruzione dell’altare maggiore ed il rinnovo degli stalli del coro. Tra il 1840 ed il 1843 il cardinale Giacomo Giustiniani fece sostituire le tegole in piombo del tetto e restaurare il mosaico absidale; nel corso dei lavori venne scoperta la cripta. La Basilica S.Marco, anche se non direttamente, subì il rifacimento della zona ai tempi della costruzione del Vittoriano: il palazzetto Venezia, oggi alla sua sinistra, un tempo era alla sua destra, appoggiato alla torre di palazzo Venezia. Per eliminare o almeno ridurre l’umidità della chiesa, tra il 1947 ed il 1949 vennero eseguiti importanti lavori di restauro: in questa occasione la cripta fu riaperta e restaurata e furono effettuate esplorazioni delle fasi antiche dell’edificio.
Nel livello più basso furono trovati resti di costruzioni romane, tra cui un ambiente adorno di un mosaico con cantharus e tralci di vite (inizio IV secolo d.C.). Seguono, a circa 2,30 metri sotto il livello della chiesa attuale, i resti della prima chiesa parrocchiale (titulus) del IV secolo, a tre navate divise da colonnati (resti delle fondamenta) con pavimento in opus sectile di marmi colorati ed altare disposto a metà della navata centrale. Nei muri delle navate laterali vi erano resti di affreschi ad imitazione marmorea. L’orientamento era identico a quello della chiesa attuale. Quest’edificio fu probabilmente distrutto da un incendio e quindi nel V secolo se ne sovrappose un secondo, che ne invertì l’orientamento. Anche questo era a tre navate con colonne più distanziate e sormontate da arcate: l’altare prese il posto dell’antico ingresso. La chiesa era caratterizzata da un grande recinto presbiteriale con muri intonacati e decorati con pitture ad imitazione di pannelli marmorei. Al livello rialzato di 1,30 metri, sulla seconda chiesa si trovano i resti della terza chiesa, del IX secolo, sempre a tre navate, che si era sovrapposta alla pianta della seconda mutandone nuovamente l’orientamento. Era lunga 40,50 metri, larga 30,50, l’abside era già quello odierno, così come i muri perimetrali, dove si aprono 13 finestre per parte, più o meno conservate.
Due colonnati di 12 colonne sormontati da archi dividevano la chiesa in tre navate: di questa chiesa si conserva la cripta a pianta semianulare. La facciata della Basilica S.Marco si compone di due ordini di archi sorretti da pilastri che inquadrano un portico ed una loggia. Le arcate del portico sono divise da semicolonne con capitelli compositi a volute diagonali e foglie, mentre la loggia è scandita da lesene con capitelli corinzi, sulle quali vi sono appesi quattro scudi scolpiti a bassorilievo e tenuti da teste leonine: le due lesene centrali presentano, a destra, lo stemma di Paolo II Barbo (nella foto 1), ovvero un leone rampante con cotissa trasversale coronato dallo stemma della Santa Sede, e, a sinistra, un busto di S.Marco; le lesene laterali presentano invece gli stemmi del cardinale Marco Barbo, ovvero il leone rampante sormontato dallo stemma cardinalizio. Da questa loggia il papa, finché visse a palazzo Venezia, benediceva la folla radunatasi nella piazza per le occasioni solenni e per questo motivo conosciuta come la Loggia delle Benedizioni. La facciata è caratterizzata anche dal bel campanile romanico (nella foto 2) della metà del XII secolo, la cui campana fu fatta eseguire da magister Gilbertus cardinalis.
L’atrio del portico (nella foto 3), adorno di numerosi antichi frammenti e lapidi con iscrizioni in greco, conserva la vera di pozzo (nella foto 4) con iscrizioni del secolo XI in cui il prete Giovanni, donando il pozzo in onore di Dio e di S.Marco, invitava gli assetati a bere e minacciava maledizioni a chi osasse trarre profitto pecuniario dalla sua acqua.
Nell’atrio si può anche osservare una lunga iscrizione del 1466 che ricorda i lavori eseguiti da Paolo II ma soprattutto l’antica epigrafe mortuaria di “Vannotia Cathanea” (nella foto 5), ovvero Vannozza Cattanei, amante di papa Alessandro VI Borgia e madre di Cesare, Giovanni e Lucrezia Borgia. In realtà Vannozza non fu mai sepolta in questa chiesa: la lapide proviene infatti da S.Maria del Popolo dove la donna un tempo aveva la tomba, poi scomparsa. La lapide così recita: D(EO) O(PTIMO) M(AXIMO) – VANNOTIAE CATHANEAE CAESARE VALENTIAE IOANNE GANDIA(E) IAFREDO SCYLLATII ET LUCRETIA FERRARIAE DUCIBUS FILIIS NOBILI PROBITATE INSIGNI RELLIGIONE EXIMIA PARI ET AETATE ET PRUDENTIA OPTIME DE XENODOCHI(O) LATERANEN(SI) MERITAE HYERONIMUS PICUS FIDEICOM(M)ISS(I) PROCUR(ATOR) EX T(ESTAMEN)TO POS(UIT) VIX(IT) ANN(OS) LXXVI MEN((SES) IIII DIES XIII OBIIT ANNO M D XVIII XXVI NO(VEMBRIS), ovvero “A Dio Ottimo Massimo – A Vannozza Cattanei, celebre guida per i figli Cesare, duca di Valentines, Giovanni, duca di Gandia, Goffredo, duca di Squillace, Lucrezia, duchessa di Ferrara, insigne per onestà, esimia per religione, di pari età e saggezza, di ottimi meriti per l’ospedale Lateranense, Geronimo Pico, procuratore del fedecommesso, pose secondo disposizione del testamento. Visse anni 76, mesi 4, giorni 13, morì nell’anno 1518, 26 novembre”.
La più importante testimonianza quattrocentesca presente nel portico, tuttavia, resta il bel portale dell’ingresso principale decorato nell’architrave con un festone di fiori e frutta e nella lunetta con un bassorilievo (nella foto 6) raffigurante “S.Marco Evangelista con il leone”, a lungo ritenuta opera di Isaia da Pisa ma più di recente attribuita a Mino da Fiesole. L’interno della Basilica S.Marco (nella foto 7), a tre navate a croce latina, conserva numerose opere d’arte: nella navata sinistra possiamo ammirare la prima Cappella (Battistero) con affreschi attribuiti a Carlo Maratta (1625-1713), la “Madonna con Bambino” e, ai lati, la Prudenza e l’Innocenza; la seconda Cappella è quella del Beato Barbarigo, costruita nel 1764 su disegni di Emidio Sintes, con l’altare sormontato da un bel bassorilievo raffigurante “Il beato Barbarigo nell’atto di fare l’elemosina”, opera di Antonio d’Este, allievo di Antonio Canova; la terza Cappella è quella di S.Domenico, con una tela attribuita a Baccio Ciarpi raffigurante “Il Miracolo di S.Domenico”; la quarta Cappella è quella di S.Michele: sull’altare una tela di Francesco Mola, “L’Arcangelo Michele che confonde Lucifero”, mentre ai lati vi sono affreschi rappresentanti i Santi Vincenzo Levita e Attanasio martire attribuiti a Jacques Curtois, detto il Borgognone (1621-1676). Tra le Cappelle vi sono il Monumento funebre del cardinale Marcantonio Bragadino, di Lazzaro Morelli (1608-1691), il Monumento funebre del cardinale Luigi Prioli (+1720) con statue simboleggianti la Carità (a destra) e la Giustizia (a sinistra) ed il Monumento funebre del cardinale Pietro Basadonna, opera di Filippo Carcani, allievo del Bernini (1694), con statue simboleggianti la Fortezza (a destra) e la Fede (a sinistra), il Monumento funebre del cardinale Paolo Capranica (sec. XV) con un affresco rappresentante “La Vittoria” del Borgognone.
Nella navata destra si trova la prima Cappella della Resurrezione, sull’altare della quale vi è il “Cristo risorto” di Jacopo Palma il Giovane (1544- 1628), la seconda Cappella di S.Antonio con la tela raffigurante la “Madonna che presenta il Bambino a S.Anna e S.Antonio da Padova” di Luigi Primo detto il Gentile (1606-1660), la terza Cappella dell’Adorazione dei Magi, dall’omonima tela di Carlo Maratta e la quarta Cappella della Pietà dall’omonima tela di Bernardino Gagliardi (1609-1660). Su questo lato possiamo ammirare il Monumento funebre del cardinale Pisani (+ 1570), il Monumento funebre del canonico L.Borgia, sormontato da una lunetta contenente l’affresco (molto rovinato) della “Sibilla Cumana”, opera di Bernardino Gagliardi (1609-1660), il Monumento funebre del cardinale veneziano Cristoforo Vidman (nella foto 8), opera di Cosimo Fancelli (1620-1688), con sarcofago a vasca in alabastro, il Monumento funebre di Francesco Erizzo (+ 1700), figlio dell’ambasciatore veneto Niccolò Erizzo, opera di Francesco Maratti, detto il Padovano (sec. XVII-XVIII), il Monumento funebre di Leonardo Pesaro (+1796), figlio dell’ambasciatore veneto Pietro Pesaro, opera di Antonio Canova. In fondo a questa navata si apre la Cappella del Ss.Sacramento (nella foto 9), dedicata a San Marco papa, eretta su disegno di Pietro Berrettini, detto Pietro da Cortona (1596-1669). Sull’altare si trova la tavola raffigurante “S.Marco papa”, attribuita a Melozzo degli Ambrosi, detto Melozzo da Forlì (1438-1494).
La navata centrale risulta scandita da pilastri e da 24 colonne rivestite da diaspro di Sicilia e da 24 finestre bifore in stile gotico; tra le finestre e le arcate vi sono una serie di affreschi raffiguranti, a sinistra, le Storie di S.Marco papa e, a destra, le Storie dei martiri Abdon e Sennem, alternati con rilievi a stucco raffiguranti gli Apostoli. Nel presbiterio, decorato tra il 1728 ed il 1731 da Filippo Barigioni a spese del cardinale Angelo Maria Quirini, si trova l’urna di granito contenente il corpo di S.Marco papa e dei Santi Abdon e Sennen, anch’essa attribuita al Barigioni. Di eccezionale rilevanza storica ed artistica è il sopracitato mosaico absidale del IX secolo, al centro del quale si trova il “Cristo benedicente che regge un libro”, sul quale si può leggere “Ego sum lux, ego sum vita, ego sum resurrectio“, ovvero “Io sono la luce, Io sono la vita, Io sono la resurrezione”. Alla sinistra del Cristo vi sono raffigurati: S.Felicissimo, S.Marco Evangelista che presenta papa Gregorio IV con in mano il modello della chiesa da lui ricostruita e con il capo racchiuso in un nimbo quadrato come si usava allora per raffigurare i viventi, S.Marco papa, S.Agapito martire e S.Agnese vergine e martire.
Nella zona inferiore è raffigurato l’Agnello, sotto il quale scorrono quattro fiumi (il Tigri, l’Eufrate, il Fison ed il Geon) e verso cui da Gerusalemme (a sinistra) e da Betlemme (a destra) muovono i 12 agnelli simbolo dei fedeli. In passato dinanzi alla Basilica S.Marco si tenevano diverse manifestazioni popolaresche, come il “ballo de li poveretti” che si svolgeva ogni primo di maggio, al quale prendevano parte popolane e giovanotti dei vari rioni ma anche gobbi, storpi, vecchietti in vena di follie, con grande spasso dei romani.
La festa si svolgeva davanti al simulacro di Madama Lucrezia (nella foto 10), ornato, per l’occasione, di collane di cipolle, capi d’aglio e peperoncini. Il simulacro, che fa parte della congrega delle “statue parlanti” (insieme a Pasquino, Marforio, Abate Luigi, il Facchino ed il Babuino) era situato un tempo dinanzi alla basilica, mentre oggi è appoggiato al lato sinistro della chiesa. Il nodo delle vesti sul petto permette di identificare il busto con Iside ed era situato, in origine, nel “Tempio di Iside“. La storia vuole che il busto sia stato donato a Lucrezia d’Alagno, amante di Alfonso di Aragona e di conseguenza a lei intitolato. A conforto di questa tesi c’è anche il fatto che nel XV secolo il titolo di “madama” non era in uso a Roma, mentre era diffusissimo a Napoli e nelle colonie napoletane di Roma. Molti gli aneddoti legati a questa “statua parlante”: durante la Repubblica del 1799 il popolo romano buttò giù il suo busto, che cadde a bocca sotto. Il giorno dopo, sulle sue spalle, comparve la scritta a grossi caratteri: “Non ne posso veder più“. E ancora, nel 1591, Gregorio XIV, sentendosi morire, si fece trasportare a palazzetto Venezia, sperando di riprendersi, grazie anche ad un alto steccato attorno alla residenza che attutiva i rumori circostanti: e invece morì. Madama Lucrezia, freddamente, sentenziò: “La morte entrò attraverso i cancelli“.
Proprio di fronte alla Basilica S.Marco vi è una bella fontanina in travertino denominata la Fontana della Pigna (nella foto 11), costituita da un semplice ed elegante stelo, al centro di un piccolo bacino, sul quale due corolle di tulipani stilizzati sostengono una pigna. L’acqua fuoriesce da due cannelle laterali e si raccoglie nelle vaschette a fior di terra protette da quattro colonnine. La fontana fu voluta dal Comune di Roma, che volle ripristinare in vari punti della città alcuni simboli di antichi rioni o di mestieri scomparsi: questo, evidentemente, simboleggia il nome del rione. Il lavoro venne affidato a Pietro Lombardi nel 1927, che realizzò anche altre fontane: la Fontana delle Anfore, la Fontana dei Libri, la Fontana delle Arti, la Fontana delle Tiare, la Fontana delle Palle di Cannone, la Fontana dei Monti, la Fontana della Botte e la Fontana del Timone.