Vicolo della Campana (nella foto sopra) presenta un inusuale percorso ad angolo retto e costituisce con via della Scrofa, che le fa da base, un triangolo quasi perfetto. Il vicolo prende il nome da un’antica locanda, la Campana, menzionata fin dal Cinquecento: la sua fondazione risale addirittura al 1518, come ricordano le Taxae Viarum e, da un censimento del 1526, risulta che il suo fondatore fosse Pietro de la Campana. Nel 1622 poi fu un tal Giacomo a gestirla e da allora, fino alla fine del 1800, figurò come locanda che ospitava i forestieri di passaggio e nella quale si organizzavano e vendevano viaggi: questo è il motivo per cui ancora oggi il ristorante, che occupa gli antichi locali al civico 18 di Vicolo della Campana, presenta il disegno della carrozza come stemma.
Un locale prestigioso (nella foto 1) che nei suoi lunghi secoli di storia ha visto qui transitare personaggi illustri, come Caravaggio, o, in tempi più moderni, grandi personaggi del cinema come Federico Fellini ed Alberto Sordi. Un’altra presenza importante nel Vicolo della Campana è costituita dalla chiesa di S.Ivo dei Brittoni (o Bretoni, nella foto 2), situata al civico 8, costruita verso la fine del Quattrocento in sostituzione di una più antica intitolata a S.Andrea de Mortarariis, o de Marmorariis, la cui più antica testimonianza è una bolla di papa Innocenzo II della prima metà del XII secolo. L’appellativo deriva dalla confraternita dei marmisti di Roma, chiamati marmorari, che anticamente dovevano avere le loro botteghe in questa zona, come confermano i marmi ed i tronchi di colonne che furono rinvenuti nei dintorni della chiesa durante la sua ricostruzione di fine Ottocento.
L’attuale denominazione di S.Ivo deriva invece dalla concessione della chiesa, effettuata nel XV secolo da Papa Niccolò V, ai Bretoni (a quel tempo la Bretagna era ancora un ducato indipendente) che ne fecero la loro chiesa nazionale, concessione poi confermata da Papa Callisto III con la bolla del 20 aprile 1455. La nuova confraternita, denominata Confraternita di S.Ivo dei Brittoni, eresse così una nuova chiesa, demolendo la precedente, tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo: dell’antica chiesa medioevale rimase solo il campanile, che poi crollò nel 1875. Anche questa nuova chiesa, come molte altre, ebbe annessi un ospizio ed un ospedale, istituiti ufficialmente nel 1511 da Giulio II a beneficio dei pellegrini bretoni. Attorno al 1575, però, Gregorio XIII affidò la gestione dell’ospedale alla nazione francese ed il nosocomio divenne così una dipendenza della vicina chiesa di S.Luigi dei Francesi. La chiesa di S.Ivo fu sede parrocchiale fino al 1824, dopodiché fu lasciata in stato di abbandono e così, continuamente allagata dalle piene del Tevere, fu demolita nel 1875. Al posto del vecchio edificio di culto, il governo francese provvide a ricostruire una nuova chiesa ugualmente dedicata a S.Ivo ma in un luogo vicino alla precedente: la facciata della nuova chiesa infatti, opera di Luca Carimini del 1888, è situata sul lato opposto di quella demolita.
Nell’incisione di Giuseppe Vasi (nell’immagine 3) possiamo ammirare come si presentava Vicolo della Campana nel XVIII secolo, con la chiesa di S.Ivo come sfondo, e confrontarla con la foto sotto il titolo che ci mostra il vicolo oggi dalla stessa prospettiva. La facciata antica aveva due piani separati da una trabeazione ed un frontone triangolare sulla parte superiore. L’ingresso era riparato da un cornicione rialzato sostenuto da mensole e tra l’architrave ed il cornicione era situata un’iscrizione dedicatoria su una lapide. Il secondo piano presentava un grande tondo ellittico orizzontale contenuto in una cornice in rilievo, come se in precedenza avesse contenuto un affresco. Il timpano del frontone aveva un piccolo stemma. L’interno della chiesa era a pianta basilicale, a tre navate, ed un abside semicircolare.
Il campanile romanico era situato accanto alla navata di destra, come si vede sia nella stessa incisione di Vasi o nell’acquerello di Achille Pinelli del 1834 (nell’immagine 4). L’altare principale aveva una pala del patrono eseguita da Giacomo Triga, mentre gli altari alle estremità delle navate laterali avevano, a destra, un’Annunciazione di Bonaventura Lamberti e, a sinistra, un S.Giuseppe di Carlo Maratta. La ricostruzione del 1888, ad opera di Luca Carimini, sconvolse completamente la chiesa: la nuova facciata non soltanto fu costruita in un luogo diverso dal precedente ma addirittura in uno stile diverso, quello romanico fiorentino, e con una pietra diversa, la pietra Serena, dal caratteristico colore grigio, tipica appunto dei monumenti fiorentini. La pietra, oltre ad essere in forte contrasto con la tipica colorazione ocra dei monumenti romani, si rilevò molto delicata: infatti tra il 2002 ed il 2003 si rese necessario un primo intervento di restauro a causa del forte degrado legato proprio all’utilizzo della pietra, che aveva provocato un progressivo sgretolamento e distacco di intere parti della decorazione a rilievo e nel 2015 un secondo intervento di manutenzione volto a verificarne lo stato di conservazione ed a consolidare quelle zone che presentavano ulteriori fenomeni di sgretolamento.
La facciata della chiesa, incorporata nella facciata di un palazzo più grande (come possiamo notare nella foto 2), si presenta a tre piani: il primo contiene il propileo d’ingresso, inserito in un enorme incavo arcuato dell’archivolto che occupa anche il secondo piano. Il propileo è costituito da una coppia di colonne composte su alti basamenti con capitelli in stile derivato, che sostengono una trabeazione che a sua volta supporta un grande frontone segmentale con un timpano, occupato da un rilievo in maiolica in un tondo raffigurante la Madonna con il Bambino (opera di Luca della Robbia, precedentemente situato all’interno della chiesa antica), affiancato da due santi in venerazione, aggiunti alla fine dell’Ottocento. Ai lati dell’ingresso si trovano due nicchie a tutto sesto con decorazioni a conchiglia. Il secondo piano presenta, ai lati dell’archivolto, due scudi a forma di losanga con stemmi della Bretagna, che pendono da un anello inserito nella bocca di un leone e circondati da una ghirlanda di rami fruttiferi. Il terzo piano, infine, presenta un tondo con cornice modanata, affiancato da una coppia di nicchie a tutto sesto con frontoni sostenuti da mensole.
Il frontone triangolare di coronamento, impreziosito da una dentellatura, sovrasta la seguente iscrizione dedicatoria: “DEO SACRUM IN HON(OREM) S(ANCTI) IVONIS PRESB(YTERI) ADVOCATI PAUPERUM”, ovvero “Consacrato a Dio in onore di S.Ivo Presbitero avvocato dei poveri”. L’interno (nella foto 5), a navata unica con abside, presenta una cappella su ogni lato della navata ed è riccamente decorato in stile neo-rinascimentale, con pavimento ed intarsi sulle pareti ad imitazione cosmatesca. L’abside. inquadrata dal grande arco trionfale sorretto da colonne corinzie che a loro volta sostengono un archivolto semicircolare con cassettoni, presenta un portico a tre arcate separate da colonne corinzie: l’arco centrale contiene il piccolo altare principale con una coppia di pilastri corinzi e due colonne nello stesso stile, in marmo verde, mentre gli archi laterali contengono le uscite per la sacrestia. L’affresco dell’abside (nella foto 6), opera di Ludwig Seitz, raffigura, al centro, il Cristo in Gloria, affiancato da santi francesi: da sinistra a destra, Clotilde, Martin, Yves, Luigi Re, Bernard e Geneviève di Parigi.
Nella sezione Roma nell’Arte vedi:
Chiesa di S.Ivo dei Brittoni di G.Vasi