La Basilica di S.Prassede prende il nome da S.Prassede, sorella di S.Pudenziana e figlia del senatore romano Pudente, discepolo di S.Paolo. Un’antica leggenda narra che Prassede e Pudenziana sarebbero state uccise perché dedite a dare sepoltura ai martiri delle persecuzioni di Antonino Pio nei pozzi situati nel vasto terreno di proprietà del padre. La chiesa, fondata nel IX secolo da Pasquale I sull’antico titulus Praxaedis della fine del V secolo, subì vari restauri nel corso dei secoli commissionati dai cardinali titolari che ne alterarono alquanto il primitivo carattere. Nel XV secolo il cardinale Antonio Pallavicini Gentili fece restaurare l’area presbiterale, nel XVI secolo S.Carlo Borromeo affidò a Martino Longhi il Vecchio la sistemazione della scalinata d’accesso, del portale centrale, della sacrestia e della copertura a volta delle navate laterali, mentre Alessandro de’ Medici, futuro Papa Leone X, commissionò l’apparato decorativo della navata centrale. Nel XVIII secolo il cardinale Ludovico Pico della Mirandola commissionò a Francesco Ferrari la sistemazione della zona presbiterale ed il rifacimento della cripta. Tuttavia l’edificio conserva ancora la struttura medioevale nel protiro di accesso situato lungo Via di S.Martino ai Monti che immette, dopo una lunga scala, in un cortile nel quale si erge la semplice facciata a capanna in laterizio della chiesa (nella foto in alto), secondo il disegno originale voluto da Pasquale I. Il cortile conserva i resti di un colonnato con capitelli corinzi appartenuto probabilmente alla basilica del V secolo. L’accesso alla chiesa avviene anche attraverso un ingresso laterale su Via di S.Prassede.

L’interno (nella foto 1) è costituito da tre navate, originariamente divise da dodici colonne di granito a trabeazione rettilinea, ma sei di queste furono trasformate in pilastri, ai quali si appoggiano archi trasversali nelle navate minori.

Al centro del pavimento cosmatesco è situato un disco di porfido (nella foto 2) che ricopre il pozzo nel quale S.Prassede e S.Pudenziana raccoglievano i resti ed il sangue dei martiri: si parla di diverse migliaia e proprio per questo la chiesa è una delle più venerate di Roma. Intorno al disco vi è la seguente iscrizione: CONDITORIUM RELIQUIARUM SANCTORUM MARTYRUM IN AEDIBUS SANCTAE PRAXEDIS, ovvero “Sepolcro dei resti mortali dei Santi Martiri nella chiesa di Santa Prassede”.

In fondo alla navata centrale (nella foto 3) possiamo ammirare i meravigliosi mosaici raffigurati sull’arco trionfale, sull’arco absidale e nel catino absidale.
L’arco trionfale separa la navata dal presbiterio, dove è raffigurata la Gerusalemme Celeste, mosaico di maestranze romane, che fa riferimento all’Apocalisse ed è articolato su due registri:
– nel registro superiore, al centro, vi è una città stilizzata (Gerusalemme) all’interno della quale vi sono 21 personaggi: al centro Gesù con una tunica rossa, affiancato da due angeli, sotto i quali vi sono, a sinistra, Maria e S.Giovanni Battista, a destra S.Prassede. Seguono i dodici apostoli, sei per lato. Alle estremità si trovano: a sinistra Mosè che tiene in mano una tavola con l’iscrizione Lege (legge), a destra il profeta Elia, che tende le braccia verso Cristo, ed un angelo, con un libro in mano, simbolo dell’Antico Testamento. La città ha due porte aperte, a destra e a sinistra, entrambe custodite da un angelo. All’esterno sono rappresentati gli eletti di cui parla l’Apocalisse, suddivisi in due gruppi, a destra e a sinistra, entrambi guidati da un angelo che indica loro l’entrata: si possono riconoscere S.Pietro e S.Paolo (a destra), vescovi, martiri, donne riccamente vestite e soldati;
– nel registro inferiore, vi sono altri eletti con rami di palma, purtroppo parzialmente distrutti nel XVI secolo dalla costruzione delle due edicole per la conservazione dei reliquiari.
Nell’arco absidale è situato il mosaico di maestranze romane raffigurante l’Agnello di Dio, entro un clipeo blu e seduto su un trono ai lati del quale si vedono simmetricamente i sette candelabri, simbolo delle chiese d’Asia, quattro angeli, in piedi, sopra piccole nubi ed i simboli del cosiddetto Tetramorfo, i quattro esseri viventi che simboleggiano i quattro Evangelisti: l’aquila Giovanni, il toro Luca, il leone Marco e l’angelo Matteo;
– nel registro inferiore troviamo i cosiddetti Ventiquattro vegliardi, dodici per parte, suddivisi in tre file di quattro personaggi, vestiti di bianco e con le mani velate che offrono a Gesù Cristo delle corone d’oro.
Il catino absidale presenta un mosaico di maestranze romane raffigurante Gesù Cristo benedicente tra Santi, Pasquale I e l’Agnello di Dio. L’opera, divisa in tre registri, presenta:
– nel registro superiore, al centro Gesù Cristo, al quale la mano di Dio Padre porge la corona; a sinistra, S.Paolo e S.Prassede che presenta Pasquale I con il nimbo quadrato dei personaggi viventi ed il modello della chiesa; a destra, S.Pietro, S.Pudenziana ed un Santo diacono, forse S.Zenone; due palme (simbolo del Paradiso) fiancheggiano la composizione;
– nel registro centrale, due teorie di sei pecore che escono dalle città gemmate di Betlemme (a sinistra) e di Gerusalemme (a destra) per dirigersi verso l’Agnello di Dio al centro;
– nel registro inferiore, un’iscrizione che così recita: EMICAT AULA PIAE VARIIS DECORATA METALLIS PRAXEDIS D(OMI)NO SUPER AETHRA PLACENTIS HONORE PONTIFICIS SUMMI STUDIO PASCHALIS ALUMNI SEDIS APOSTOLICAE PASSIM QUI CORPORA CONDENS PLURIMA S(AN)C(T)ORUM SUBTER HAEC MOENIA PONIT FRETUS UT HIS LIMEN MEREATUR ADIRE POLORUM, ovvero “Sfavilla decorata con vari metalli (preziosi) l’aula della Santa Prassede che piacque al Signore nel cielo per lo zelo del sommo pontefice Pasquale innalzato al seggio apostolico, che ha raccolto ovunque i corpi di numerosi santi e li ha posti sotto queste mura fiducioso che il suo servizio gli abbia meritato di venire alla soglia del cielo”.

Il presbiterio (nella foto 4), ristrutturato da Francesco Ferrari tra il 1728 ed il 1734 per volontà del cardinale Ludovico Pico della Mirandola, presenta tre rampe di scale: una centrale di accesso alla cripta, mentre le laterali conducono alla zona presbiterale rialzata di alcuni gradini, dove sono collocati, nella parete absidale dietro l’altare maggiore, un olio su tela realizzato nel 1735 da Domenico Maria Muratori e raffigurante S.Prassede che raccoglie il sangue dei martiri. Al centro è situato un ciborio del XVIII secolo, in marmi policromi, di Francesco Ferrari: l’opera, a pianta quadrata, è costituita da quattro colonne di porfido rosso, che appartenevano al precedente ciborio del IX secolo, sulle quali si imposta la cupoletta decorata da dipinti murali ad affresco di Antonio Bicchierai e da Angeli in stucco al sommo del fastigio di Giuseppe Rusconi.

La scala centrale permette di scendere nella cripta (nella foto 5), completamente ristrutturata tra il 1728 ed il 1734 da Francesco Ferrari, originariamente semi-anulare con due ingressi laterali dal transetto. L’apertura di questa camera portò alla luce due sarcofagi contenenti, secondo l’iscrizione, le spoglie di S.Prassede e S.Pudenziana. L’importanza di tale ritrovamento impose la creazione di una cappella a metà di un corridoio che unisce la parte semi-anulare con la navata centrale, in fondo al quale è stato collocato un altare decorato con un paliotto cosmatesco, proveniente dall’altare maggiore originario, al di sopra del quale è collocato un dipinto murale del XVIII secolo raffigurante la Madonna tra S.Prassede e S.Pudenziana, una copia dell’originale della seconda metà del XIII secolo che si trovava nella camera delle reliquie distrutta.
Il transetto di sinistra ospita il campanile, a pianta rettangolare, che s’innalza con un solo piano scandito da una coppia di bifore poggianti su colonnine marmoree e capitelli a stampella: all’interno vi sono due campane del 1621.

Il transetto di destra ospita, invece, la Cappella del Crocifisso (nella foto 6), edificata nel XIII secolo e restaurata nel 1927 da Antonio Muñoz, nella quale sono raccolti reperti paleocristiani e medievali rinvenuti durante i lavori del 1918: la sua denominazione deriva dalla presenza, presso l’altare, di un Cristo crocifisso del XVI secolo in legno intagliato policromo.

La cappella custodisce anche il Monumento funebre del cardinale Pantaléon Anchier de Troyes (nella foto 7), in marmo e mosaico, attribuita ad Arnolfo di Cambio: l’epigrafe a caratteri gotici posta sopra la tomba ricorda la data del 1° novembre 1286, giorno dell’assassinio del prelato avvenuto proprio in questa cappella.

La cappella dedicata a S.Zenone fu eretta nel IX secolo da Pasquale I come mausoleo della madre Theodora: questa costituisce un raro esempio alto-medioevale di oratorio annesso ad una basilica di Roma. Si accede alla cappella attraverso un portale (nella foto 8) affiancato da due colonne di granito nero che sostengono una trabeazione ricavata da una cornice lavorata antica sulla quale è posta un’urna marmorea di età classica dietro la quale è posto un lunettone a mosaico, che circoscrive una finestra centinata, con doppio giro di medaglioni raffigurante nel giro interno, Madonna con Bambino, i Santi Novato e Timoteo, le Sante Prassede e Pudenziana ed altri busti muliebri; nell’esterno, Cristo e gli apostoli; agli angoli, in alto due santi, in basso Pasquale I ed il suo successore.

L’interno della cappella s’ispira ai mausolei classici nella pianta cruciforme con colonne angolari e volta a crociera: interamente ricoperta da mosaici, è così splendente da essere stato chiamata il Giardino del Paradiso. I mosaici rappresentano le figure del Cristo, della Madonna, di S.Prassede, di S.Pudenziana, di vari Santi e dell’episcopa Theodora con il nimbo quadrato dei viventi. Meraviglioso il mosaico sulla volta che raffigura Gesù entro un medaglione sorretto da quattro angeli. Nella nicchia sopra l’altare vi è la raffigurazione, a mosaico, della Madonna con il Bambino tra S.Prassede e S.Pudenziana della prima metà del XIII secolo (nella foto 9). Il pavimento è un antichissimo esempio di opus sectile a marmi policromi.

Nel piccolo vano a destra dell’ingresso è situata, entro una nicchia, la Colonna della Flagellazione (nella foto 10), custodita in un reliquario di bronzo dorato eseguito nel 1898 su disegno di Duilio Cambellotti e variamente intagliata a causa dei piccoli frammenti utilizzati come reliquia nei tempi passati. Alta 63 cm per un diametro di 40 cm alla base, di 20 cm alla sommità e di 13 cm nel punto più stretto, ha una forma conica che si restringe a tre quarti per poi riallargarsi verso l’alto: tradizionalmente ritenuta quella a cui Gesù fu legato per essere flagellato, fu portata a Roma da Gerusalemme nel 1223 dal cardinale Giovanni Colonna, titolare della basilica e legato apostolico in Siria durante la quinta crociata.
Altre tradizioni legate a questa chiesa ci dicono che la lunga tavola di marmo posta a sinistra della navata serviva da letto alla santa che vi dormiva per penitenza, mentre l’urna posta sotto l’architrave d’ingresso racchiuda le ossa di S.Valentino, protettore degli innamorati.

La cappella dedicata a S.Veronica, detta anche Cappella Olgiati (nella foto 11), fu costruita da Martino Longhi il Vecchio tra il 1583 ed il 1586 e commissionata dalla famiglia Olgiati, banchieri comaschi, che ebbero vari incarichi nella Camera Apostolica. All’interno si notano: sull’altare un olio su lavagna di Federico Zuccari, che lo eseguì nel 1595, raffigurante L’incontro di Cristo con la Veronica; sulla volta, l’Ascensione di Gesù Cristo, Profeti e Sibille con Angeli, Dottori della Chiesa, Storie della Passione di Gesù Cristo, affreschi di Giuseppe Cesari detto il Cavalier d’Arpino.

Notevoli anche le sepolture, fra le quali quella del vescovo Giovanni Battista Santoni, il cui busto (nella foto 12) è opera giovanile di Gian Lorenzo Bernini, che lo avrebbe scolpito a soli dieci anni.
