Via delle Botteghe Oscure

via delle botteghe oscure

L’etimo di Via delle Botteghe Oscure deriva dalle “botteghe oscure, senza finestre” (“ad apothecas obscuras“, come era chiamata la via fino al Medioevo) corrispondenti alla moltitudine di casupole ed esercizi commerciali che si erano insediati all’interno degli “archi oscuri” del “Teatro di Balbo”, costruito da Lucio Cornelio Balbo, trionfatore nel 19 a.C. sui Garamanti, con parte del bottino ricavato dalle guerre d’Africa. Il Teatro, inaugurato nel 13 a.C. durante i giorni di un’inondazione del Tevere, poteva contenere circa 11.500 spettatori. Di dimensioni minori rispetto agli altri due teatri stabili di Roma, il Teatro di Pompeo (inaugurato nel 55 a.C.) e quello di Marcello (terminato tra il 13 e l’11 a.C.), era caratterizzato da una raffinata decorazione e da preziosi arredi; a tale proposito le fonti ricordano le quattro colonnine d’onice che ornavano la scena. Il Teatro di Balbo fu restaurato da Domiziano in seguito ai danni causati dall’incendio dell’anno 80 d.C. Si deve precisare che in passato si identificava il “Teatro di Balbo” ad est di via Arenula, approssimativamente nella zona del Portico di Ottavia, mentre il “Circo Flaminio” si collocava in prossimità delle Botteghe Oscure, tanto da indicarle proprio appartenenti al “Circo”.

mappa del teatro e della crypta balbi
1 Mappa del Teatro e della Crypta Balbi

Soltanto nel 1960, dopo uno studio approfondito della pianta marmorea severiana, si rovesciarono completamente le posizioni relative ai due edifici, collocando il “Circo Flaminio” nella zona compresa tra il Teatro di Marcellopiazza Cairoli, via del Portico di Ottavia ed il Tevere, mentre il “Teatro di Balbo” nella zona compresa tra piazza Matteivia Paganica, Via delle Botteghe Oscure, via Caetani e Via dei Delfini. Il complesso monumentale si estendeva in senso est-ovest con la cavea rivolta ad ovest; alle spalle della scena si sviluppava un’area aperta, circondata da un portico, a due piani con finestre al piano superiore, costruito al di sopra di un criptoportico (da cui il termine “Crypta Balbi“, nella foto sotto il titolo l’ingresso alla “Crypta“). Al centro dell’area porticata, che aveva una larghezza di circa 67 metri, doveva esserci una piccola costruzione, forse il “Tempio di Vulcano“.

crypta balbi
2 Ambienti della Crypta

Il criptoportico (nella foto 2 alcuni ambienti) poteva svolgere diverse funzioni collegabili con la vita del Teatro: luogo di riparo per gli spettatori in caso di pioggia, passaggio pubblico, ma poteva anche offrire ambienti per la preparazione degli spettacoli teatrali ed accogliere botteghe. Il Teatro fu costruito in opera reticolata mentre i muri perimetrali del portico, mossi da nicchie, sono in opera quadrata in tufo e travertino. Attualmente il complesso ospita una sede del Museo Nazionale Romano: le altre sono palazzo Massimo alle Termepalazzo Altemps e le Terme di Diocleziano. Sopra i resti del Teatro, in particolare della cavea e della scena, oggi poggia l’intero complesso conosciuto come Isola Mattei, mentre l’edificio che vediamo nella foto in alto è situato maggiormente sopra i resti della “Crypta”, come possiamo osservare nella mappa 1. Il restauro domizianeo è riconoscibile per gli interventi in opera laterizia. Dal V secolo il complesso monumentale antico andò in completa rovina. Nel X secolo le imponenti strutture murarie del Teatro e della Crypta furono trasformate in fortilizio medievale, ricordato dalle fonti con il nome di “Castellum aureum“, in cui vennero inseriti orti e chiese; nei secoli successivi, l’area del criptoportico fu occupata dalle botteghe dei funari.
Il lato sinistro di Via delle Botteghe Oscure fu completamente ricostruito nel 1938, allo scopo di ottenere una strada più larga che collegasse largo di Torre Argentina a piazza Venezia: fu in questa occasione che vennero alla luce i resti del “Tempio delle Ninfe”, un tempio di età repubblicana situato al centro della “Porticus Minucia Frumentaria“, una piazza porticata costruita all’inizio dell’età imperiale, probabilmente sotto Claudio, dove si soleva distribuire gratuitamente il grano.

colonne del tempio delle ninfe
3 Colonne del Tempio delle Ninfe

Nella foto 3 possiamo ammirare due colonne di peperino stuccato, con capitelli corinzi di travertino, rialzate su un podio rivestito di travertino, corrispondente al fianco destro del “Tempio delle Ninfe”. Il muro della cella, in mattoni, appartiene ad un restauro domizianeo, successivo all’incendio dell’80 d.C. A lato del podio restano una colonnina e pezzi di architravi marmorei, appartenuti al portico circostante. All’interno vi è una base per sostenere i simulacri di culto.

palazzo di alessandro mattei, oggi caetani
4 Palazzo di Alessandro Mattei, oggi Caetani

Al civico 32 sorge quello che oggi è conosciuto come Palazzo Caetani (nella foto 4) ma nel 1564 fu costruito per Alessandro Mattei, su progetto attribuito ad Alessandro Ammannati. L’edificio faceva parte della cosiddetta “isola Mattei”, insieme agli altri palazzi di Giacomo MatteiMattei di Giove e Mattei di Paganica. Dai Mattei l’edificio passò nel 1683 ai Negroni, nel 1753 al marchese Durazzo, nel 1760 al cardinale Serbelloni e infine, nel 1776, ai Caetani, duchi di Sermoneta e principi di Teano, ai quali tuttora appartiene. L’edificio si presenta a tre piani, con un severo portale architravato e quattro finestre con inferriate ai lati. La facciata è coronata da un cornicione a mensole mentre l’interno conserva due cortili con alcuni frammenti antichi. Oggi l’edificio ospita la Fondazione Camillo Caetani, per la promozione di iniziative culturali e famosa negli anni Cinquanta e Sessanta per aver pubblicato un’importante rivista letteraria intitolata “Botteghe Oscure”, e la Fondazione Roffredo Caetani, per la tutela dei beni romani appartenuti ai Caetani, del Castello di Sermoneta e della “città morta” di Ninfa. Da ricordare che nella seconda metà del Settecento il palazzo ospitò anche un osservatorio astronomico per “registrare quotidianamente il vento, la precipitazione atmosferica, la temperatura e la pressione”. Un illustre membro della famiglia che qui visse fu il principe Onorato, sindaco di Roma e ministro degli Esteri nel 1896.

san stanislao dei polacchi
5 S.Stanislao dei Polacchi

Sulla via è situata anche la chiesa di S.Stanislao dei Polacchi (nella foto 5), così chiamata perché concessa nel 1578 da papa Gregorio XIII al cardinale polacco Stanislao Osio (S.Stanislao è anche il santo più rappresentativo di Polonia), che la ricostruì ex novo con annesso ospizio ed ospedale per poter ospitare adeguatamente i pellegrini ed i connazionali bisognosi. Ma la chiesa è assai più antica (il ricordo più antico risale al 1174) quando si chiamava “S.Salvatore in pensili de Sorraca“: “in pensili” deriverebbe da un antico vocabolo germanico che significa “fornace” ed infatti questa zona era denominata “Calcarario“, dalle calcare, cioè le fornaci appunto, per la trasformazione dei marmi in calcare, di cui la zona era fornita; il termine “de Sorraca” dovrebbe fare riferimento ad una famiglia che abitava in zona. Tra il 1729 ed il 1735 l’intero complesso fu ricostruito da Francesco Ferrari, facciata compresa: soltanto la grande iscrizione che corre sopra il bel portale è originaria, “TEMPLUM S.SALVATORIS ET S.STANISLAI HOSPITY NAT POLONOR MDLXXX“. All’interno vi è un bell’affresco raffigurante la “Gloria di S.Stanislao” di Ermenegildo Costantini del 1774 e la pala sull’altare maggiore del senese Antiveduto Grammatica raffigurante “Gesù con S.Stanislao e S.Giacinto”.