Il Portico di Ottavia (nella foto sopra) è l’unico conservato dei grandi portici che limitavano, sul lato settentrionale, la piazza del “Circo Flaminio” (gli altri erano il “Portico di Ottavio” e “di Filippo“). Il Portico di Ottavia fu costruito sullo stesso luogo di un edificio più antico, il “Portico di Metello”, eretto da Q.Cecilio Metello Macedonico nel 146 ed inaugurato nel 131 a.C. Il portico incluse il più antico “Tempio di Giunone Regina“, dedicato nel 179 dal censore M.Emilio Lepido, al quale venne allora affiancato il “Tempio di Giove Statore“, il primo a Roma integralmente di marmo, opera di un architetto greco, Hermodoros di Salamina. Il rifacimento di età augustea ebbe inizio nel 33 a.C. e nel 23 a.C. doveva essere già compiuto. Il portico fu dedicato alla sorella dell’imperatore, Ottavia. La pianta severiana mostra, posteriormente ai templi, un edificio absidato, la “Curia Octaviae“, inserita, insieme alla biblioteca omonima, nel complesso. Il Portico di Ottavia fu restaurato dopo l’incendio dell’80 e poi ancora nel 203 d.C. sotto Settimio Severo (come indica la grande iscrizione sull’architrave), probabilmente in seguito all’incendio avvenuto sotto Commodo nel 191 d.C.: i resti attualmente visibili appartengono a questo restauro, ossia il propilèo d’ingresso ed il tratto di portico alla sua destra, fino all’estremo angolo meridionale. Lo scavo di quest’ultima parte, in direzione del Teatro di Marcello, ha riportato alla luce il pavimento antico: è possibile così notare che l’edificio sorgeva al di sopra di un basso podio, al margine del quale si allineava il colonnato. Il portico, largo, nella fronte, 119 metri e profondo 132, era costituito da un doppio colonnato di ben 300 colonne con capitelli corinzi. Nel mezzo è situato un grande propilèo, costituito, lateralmente, da due muri in mattoni, originariamente rivestiti di marmo, nei quali si aprivano arconi in corrispondenza del portico. Le due facciate erano precedute da quattro grandi colonne corinzie, inquadrate tra le ante, anch’esse corinzie, costituite dalle testate dei muri laterali: restano in piedi le due colonne di sinistra della facciata esterna (nella foto in alto, mentre quelle di destra furono sostituite nel Medioevo da un arcone in corrispondenza della chiesa di S.Angelo in Pescheria), sormontate da un architrave, recante l’iscrizione del restauro severiano, e dal timpano; restano in piedi anche tre colonne della facciata interna, pure sormontate dal timpano (che, come l’altro, fu in gran parte rifatto con materiali di reimpiego), parti del tetto con tegole marmoree ed antefisse con raffigurazioni di aquile, due archi laterali con belle mensole marmoree ed ampi resti del rivestimento, pure marmoreo, delle doppie ghiere e degli intradossi. Nel Medioevo, sulle rovine del portico, furono edificati un grande mercato del pesce ed una chiesa, S.Angelo in Pescheria.
Il mercato era chiamato “Forum piscium” o di “Pescheria Vecchia” e la pietra (nella foto 1) a destra del grande arco del Portico è quanto ne resta: l’iscrizione latina posta lì vicino recita che “CAPITA PISCIUM HOC MARMOREO SCHEMATE LONGITUDINE MAJORUM USQUE AD PRIMAS PINNAS INCLUSIVE CONSERVATORIBUS DANTO“, ovvero “Debbono essere date ai Conservatori (del Campidoglio) le teste di tutti i pesci che superano la lunghezza di questa lapide, fino alle prime pinne incluse”. Come si sa, la testa è la parte migliore per la zuppa di pesce e pene severe erano previste per i trasgressori di questa imposta. Questo privilegio, tranne un breve periodo in cui Urbano VIII lo trasferì al nipote Taddeo Barberini, durò fino all’avvento della Repubblica del 1798, anche se risulta che Pio VII, in compenso, accordò il diritto a ciascun Conservatore di disporre di una dote fra quelle assegnate con i proventi del gioco del Lotto.
S.Angelo in Pescheria (nella foto 2 l’ingresso dietro il grande arco) fu edificata da Teodoto, zio di papa Adriano I, come rivela un’iscrizione dell’anno 780 conservata al suo interno e fu inizialmente dedicata a S.Paolo. Soltanto in seguito fu dedicata a S.Angelo e dal XII secolo ebbe l’attributo “in foro piscium” in riferimento all’adiacente mercato del pesce. La chiesa ebbe anche altri appellativi: “S. Angelo in piscibus” e “S. Angelo iuxta templum Iovis“, ovvero “S.Angelo presso il Tempio di Giove (Statore)”, in riferimento al tempio che qui era situato e che fu costruito fra il 143 ed il 131 a.C. per iniziativa di Quinto Cecilio Metello Macedonico. La chiesa fu restaurata più volte: al tempo di Pio IV (1559-1565), quando fu spostato l’altare maggiore, nel 1611 essendo titolare il cardinale Andrea Peretti, nel 1741 e tra il 1867 ed il 1870, quando l’architetto Alessandro Betocchi arretrò l’abside, rinforzò la parete verso la strada e rifece la pavimentazione. L’interno si presenta a tre navate, divise da grossi pilastri con addossate lesene con capitello ionico e conserva (murata nella parete sinistra dell’ingresso) una lapide dell’VIII secolo con un catalogo di reliquie. Da questa chiesa mosse Cola di Rienzo per la conquista del Campidoglio nel giorno di Pentecoste del 1347 e qui, fino al secolo XVIII, gli ebrei erano costretti, il sabato, a frequentare la predica fatta dai padri gesuiti allo scopo di convertire “li giudei”: si dice che gli ebrei usassero tamponi nelle orecchie per non ascoltare. Il campanile è del XIII secolo ed è nel 1291 che Rodolfo Savelli donò alla chiesa la campana fusa dal De Dottis, tuttora in uso.
Addossata al propileo del Portico di Ottavia, al numero civico 25, degna di menzione è la casa medioevale conosciuta anche come “Torre Soricara” o “dei Grassi” o “Particappa” (nella foto 3), dai Grassi che la acquistarono dagli Orsini nel 1369 e dal successivo proprietario, Renzo Particappa, che l’acquistò nel XIV secolo: entrambe le famiglie erano dedite al commercio del pesce; infine, nel 1481, entrò a far parte dei beni dell’Ospedale della Consolazione. Sulla facciata principale, che si apre su via del Portico di Ottavia, vi sono alcuni frammenti di architravi romani incastonati sulla porta di accesso, sovrastati da una piattabanda di mattoni interi, secondo una caratteristica costruttiva del XII-XIII secolo.
Sul retro della casa (nella foto 4) che si affaccia su via di S.Angelo in Pescheria, al civico 19, vi fu aggiunto, forse nel XV secolo, un arco rampante che probabilmente serviva a sorreggere una scala di accesso direttamente al piano principale.
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Nella sezione Roma nell’Arte vedi:
Portico di Ottavia di E.R.Franz
Veduta dell’interno del Pronao dei Portici di Ottavia di L.Rossini