Piazza di S.Eustachio prende il nome dalla chiesa che qui vi sorge (nella foto sopra), anche se anticamente era denominata “piazza della Schola“, in riferimento al vicino palazzo della Sapienza, all’ingresso posteriore del quale si accedeva proprio da questa piazza. Nelle “Taxae Viarum” del 1499 la piazza era denominata anche “Sancto Stati“, probabile contrazione del nome S.Eustachio. Le origini della chiesa sono legate ad una leggenda cristiana secondo la quale questa sorgerebbe sulla casa del centurione Placido, il quale, nell’andare a caccia sui monti della Mentorella sopra Tivoli, s’imbatté in un cervo che fra le ramose corna portava il volto del Redentore. Scosso dal miracolo, Placido si convertì e, battezzato, prese il nome di Eustachio. Qualche anno dopo, sotto il regno di Adriano, reo di essere cristiano e di non onorare gli Dèi, fu esposto ai leoni insieme alla moglie ed ai figli, ma gli animali, miracolosamente, non osarono toccarli, anzi, chinarono la testa e si allontanarono. Allora l’imperatore fece rinchiudere Eustachio e la famiglia in un toro di bronzo infuocato: morirono all’istante ma quando i cadaveri dei martiri furono estratti dall’orrendo strumento di morte erano intatti.
Sulla sua casa, trasformata in luogo di culto, sorse più tardi la chiesa di S.Eustachio; fu riedificata da Celestino III nel 1195 circa, epoca alla quale risale anche il campanile romanico (nella foto 1), una delle poche sopravvivenze della chiesa medioevale. Questo si erge in posizione leggermente arretrata, a sinistra della facciata settecentesca della chiesa: le bifore dei vari piani risultavano tamponate già dal XVII secolo, ad eccezione di quelle dell’ultimo ordine. La cella campanaria è aperta con doppie bifore su colonnine marmoree sulle quali poggiano capitelli a stampella. Cornicioni a modiglioni e laterizi a denti di sega scandiscono i singoli piani. La superficie doveva essere decorata in origine da 34 scodelle policrome, poste in linea sopra le bifore degli ultimi tre piani. Durante il Medioevo molte confraternite di carità elessero a patrono S.Eustachio ed ebbero loro cappelle all’interno della chiesa. Questa venne restaurata tra il 1650 ed il 1706 da Cesare Corvara e Gian Battista Contini e poi interamente ricostruita tra il 1724 ed il 1728 da Antonio Canevari, Niccolò Salvi e G.D.Navone. La facciata è a due ordini, dei quali quello inferiore presenta quattro lesene e due colonne con capitelli decorati con testa di cervo che sorreggono un grande timpano triangolare, mentre quello superiore, arretrato, è scandito da paraste con capitelli compositi e presenta una finestra centrale con cornice curva e nicchie con conchiglie ai lati.
Il timpano terminale, triangolare, con un occhio circondato da rami di palma e sovrastato da una corona, è sormontato da una testa di cervo con la croce (nella foto 2), opera di Paolo Morelli del primo Settecento, esplicito riferimento alla visione che convertì Eustachio al cristianesimo. Una cancellata in ferro immette nel portico, dove vi sono custodite varie lapidi, tra le quali quelle del conte Giovanni Giraud e di Filippo Chiarini, due arguti romani, commediografo l’uno e medico, poeta e studioso del dialetto romanesco l’altro.
L’interno della chiesa (nella foto 3), a croce latina, consiste in una navata unica con tre cappelle laterali comunicanti tra loro e decorate con tele ed architetture settecentesche. Nella calotta absidale vi è un bassorilievo in stucco raffigurante il “Trionfo della Croce”, mentre dietro l’altare maggiore è situata l’opera settecentesca “Il martirio di S.Eustachio” di Francesco Ferdinandi detto l’Imperiali. L’altare maggiore, ricco di marmi policromi e di bronzi, fu disegnato da Nicola Salvi (1739) e poggia su un’urna di porfido entro la quale sono custoditi i corpi di S.Eustachio, della moglie e dei figli.
L’altare è sormontato da un baldacchino (nella foto 4) con cervo, colomba, cherubini e palme, opera di Ferdinando Fuga (1746). La chiesa, fino al 1570, costituiva un ideale annesso all’Università della Sapienza: qui si celebravano le funzioni propiziatorie per il buon svolgimento degli studi e si proclamavano i dottorati degli studenti.
Sulla facciata della chiesa, in prossimità dell’angolo di Piazza di S.Eustachio con via di S.Eustachio, vi è posta una lapide commemorativa (nella foto 5) di una piena eccezionale del Tevere che così recita: “AN(NO) SAL(UTIS) M VD TIBERIS SERENO AERE AD HOC — SIG(NUM) CREVIT NON(IS) DECEMB(I)R(IS) ALEX(ANDRI) VI P(ONTIFICIS) M(AXIMI) AN(NO) III”, ovvero “Nell’Anno di Salvezza 1495, in una giornata serena, il Tevere arrivò a questo segno — nelle none di dicembre (il 5 dicembre) nel terzo anno di Alessandro VI Pontefice Massimo”.
Molto caratteristico l’edificio che si affaccia su Piazza di S.Eustachio, ad angolo con Via della Palombella: si tratta del Palazzetto di Tizio di Spoleto (nella foto 6), Maestro di Camera del cardinale Alessandro Farnese, risalente all’inizio del Cinquecento. La casa, a due piani con marcapiani decorati a stucco, finestre protobarocche con architrave, festoni e volute, presenta una facciata con bellissimi affreschi di Taddeo e Federico Zuccari, tuttora ben visibili ed in ottimo stato, anche grazie ad un recente restauro; a coronamento vi è anche un cornicione a mensole con fascia riccamente decorata. Al centro della facciata è ben visibile il grande stemma di Pio IV Medici, che ci permette di datare l’opera tra il 1559 ed il 1565. Infine vogliamo ricordare che su questa piazza si svolgeva, fino al 1870, la fiera della Befana, poi trasferita a piazza Navona: tutta Roma affluiva nella piazzetta con trombe e campanacci per fare baldoria.
Infine, nella diramazione di Piazza di S.Eustachio verso via degli Staderari, possiamo ammirare un’ampia vasca (nella foto 7) di epoca imperiale romana in granito egizio di Assuan, particolarmente interessante sia per le dimensioni che per la raffinatezza della sagoma. Fu rinvenuta nel 1985 durante gli scavi eseguiti nel cortile “della Palma”, posto tra i palazzi Madama e Carpegna, praticamente alle spalle del porticato che congiunge i due edifici, ed apparteneva al complesso delle “Terme Neroniane“. Al momento del ritrovamento la vasca era ridotta in 8 frammenti, alcuni del peso di varie tonnellate, e la complessa opera di restauro, affidata ai tecnici del ministero dei Lavori Pubblici, sotto la sorveglianza della Sovrintendenza Archeologica di Roma, richiese l’impiego di perni d’acciaio speciale e di resine sintetiche. Il peso complessivo della vasca, che ha un diametro di metri 5,30, è di circa 25 tonnellate, mentre il basamento, realizzato ex-novo in un blocco di marmo di Carrara, pesa 8,5 tonnellate. Trasferita in questa sede e posta al centro di un bacino di raccolta dell’acqua proveniente dallo zampillo centrale, la fontana fu donata dal Senato alla città di Roma il 22 dicembre 1987, in occasione del 40° anniversario della promulgazione della Costituzione repubblicana, come ricorda una lapide che così recita: “L’ANTICA VASCA ROMANA RITROVATA E RESTAURATA IL SENATO DELLA REPUBBLICA OFFRE ALLA CITTADINANZA RICORRENDO IL XL ANNIVERSARIO DELLA CARTA COSTITUZIONALE E IN ONORE DI ENRICO DE NICOLA CAPO PROVVISORIO DELLO STATO GIUSEPPE SARAGAT UMBERTO TERRACCINI PRESIDENTI DELLA ASSEMBLEA COSTITUENTE ALCIDE DE GASPERI PRESIDENTE DEL CONSIGLIO 27 DICEMBRE 1947 – 27 DICEMBRE 1987″.