Discussa è l’etimologia del toponimo di Via Frattina. Nel Seicento fu scritto che “Bartolomeo Ferratino (1537-1606), vescovo di Amelia, fabbricò una casa cospicua a capo la strada che dal suo nome viene chiamata Ferratina, che di quel tempo era l’ultima dell’abitato, oggi seconda decade del Seicento nel mezzo del più bello di Roma“. In sostanza la casa cospicua a cui si allude era quel palazzo su cui sarebbe sorto il Collegio di Propaganda Fide e la strada che il ricco vescovo fece lastricare sarebbe diventata la futura via Frattina. Una seconda ipotesi che spiegherebbe l’etimologia del toponimo parte dall’osservazione che nella zona diverse vie prendono il nome dalla caratteristica antica della zona, un tempo silvestre, con rare abitazioni, con lunghe recinzioni di orti, di vigne, di giardini, da cui avrebbero preso nome via della Vite, via della Vignaccia, via del Giardino, via delle Fratte. Probabilmente via Frattina ricalca il percorso di un’antica strada romana, certamente meno agevole, utilizzata dagli abitanti delle alte ville del Pincio per recarsi al centro della città. Nella prima metà del Cinquecento sono presenti alcune casette entro un preciso tracciato viario, anche se solo nel 1590 il processo di lottizzazione è compiuto.
Al civico 144 si può notare un grande portale (nella foto 1) sormontato da leoni rampanti con una zampa tesa verso una melagrana, affiancati da paraste sorreggenti la trabeazione dove triglifi si alternano a metrope, entro le quali appaiono ora protomi leonine, ora melagrane, simboli dello stemma di Spagna: si tratta infatti dell’ingresso laterale al palazzo dell’Ambasciata di Spagna. Al di sopra vi è un ampio terrazzo con colonne alternate a sostegni con figure di torri, altro componente dello stemma spagnolo. Per la sua posizione e la sua tranquillità questa via fu preferita dai numerosi artisti che vi stabilirono i loro studi e le loro dimore. Oggi via Frattina ha raggiunto una notevole fioritura commerciale, specie in fatto di moda, di argenteria e di arredamento. Lo shopping le dà una vivacità straordinaria e la apparire come la meta di facoltosi borghesi poiché cento negozi con scintillanti e seducenti vetrine li attendono e li attraggono. Un paio di racconti storici legati a questa via non possono non essere rammentati. Il primo risale alla fine del Cinquecento: si racconta che un tal Pietro Curtelli avrebbe rapito e sedotto una fanciulla ai tempi che regnava papa Gregorio XIII; quando Sisto V, dopo pochi anni, andò al potere, riaprì il processo ed ordinò la condanna a morte del giovane Pietro e ne fece appendere le gambe alla casa della sedotta, in via Frattina naturalmente. Le povere gambe appese dovevano emanare un tanfo insopportabile e Sisto V le fece sostituire da gambe di pietra a monito perenne per i giovani che volessero attentare alla castità muliebre. Il secondo racconto è legato ad uno dei più famosi “bulli” di Roma, “er Più” di Trastevere, “er Tinea”, così chiamato dalla frase sacramentale dei bulli di tutta Roma, “sò sangue d’Inea”, cioè sono sangue di Enea, il progenitore dei Romani. Romeo Ottaviani, questo il vero nome d’er Tinea, lavorava come fattorino delle Poste a S.Silvestro. Una sera del 1898, tornando a casa, s’imbattè, in via Frattina, in un protettore, “un pappa”, “un magnaccia”, ovvero un protettore delle prostitute, che stava picchiando a sangue una delle sue protette. Romeo, seguendo l’istinto del vero bullo, protettore dei deboli e delle donne, intervenne: naturalmente finì a “botte”, Romeo atterrò il pappa e lo riempì di pugni e calci. Poi si venne a sapere che quel pappa era nientedimeno che “er malandrinone”, conosciuto nella malavita romana per essere il capo indiscusso di una sessantina di protettori come lui. Da qui in avanti, er Tinea diventerà “er Più” del suo rione, ma conosciuto e temuto in tutta Roma.