Il tempietto circolare (nella foto sopra), interamente costruito in mattoni, coperto a cupola e preceduto da una facciata accentuatamente concava nella quale si aprono quattro nicchie destinate ad altrettante statue è il cosiddetto Tempio di Romolo, ma sappiamo con precisione che questi non è dedicato né al famoso fondatore di Roma né tantomeno a quel Romolo figlio di Massenzio: l’ipotesi più accreditata, fino a poco tempo fa, era che si trattasse del Tempio dei Penati, ma recentemente gli esperti sembrano più propendere verso l’identificazione dell’edificio con il Tempio di Giove Statore, fondato, secondo la leggenda, da Romolo e dove i Romani, inseguiti dai Sabini dopo il famoso Ratto delle Sabine, avrebbero opposto la prima, valida resistenza.
Il portale (nella foto 1) è fiancheggiato da due colonne di porfido, con capitelli di marmo bianco, che sostengono una cornice, anch’essa di marmo bianco, riccamente intagliata; la porta in bronzo è quella originale e conserva ancora la serratura perfettamente funzionante: l’interno è tuttora visibile dalla navata della chiesa dei Ss.Cosma e Damiano, della quale un tempo era anche atrio. Ai lati del corpo centrale si aprono due profondi ambienti terminanti ad abside, ognuno preceduto da due colonne di cipollino su alti plinti (solo quelle di destra si sono conservate) e comunicanti con l’edificio centrale. Nel VI secolo, quando l’ambiente rettangolare che aderisce al lato posteriore della rotonda (da identificare con la Biblioteca Pacis del Tempio della Pace) fu trasformato in chiesa, dedicata ai Ss.Cosma e Damiano, fu aperto un passaggio tra i due edifici, originariamente indipendenti. Si noterà come l’edificio, che sorgeva sul livello più alto, postneroniano, della strada, mostri ora le fondazioni allo scoperto in seguito agli scavi effettuati a fine Ottocento che riportarono alla luce il livello più antico, augusteo. Oggi, purtroppo, non resta quasi più nulla di uno dei più bei monumenti del mondo, almeno secondo Plinio, ovvero del Tempio della Pace, costruito dall’imperatore Vespasiano tra il 71 ed il 75 d.C. per celebrare la vittoria sugli Ebrei. All’interno vi era custodito il bottino del tempio di Gerusalemme, con il candelabro d’oro a sette bracci e le trombe d’argento (entrambi rappresentati anche nell’Arco di Tito), nonché molte opere d’arte che Nerone aveva prelevato dalle regioni dell’Oriente per abbellire la sua “Domus Aurea“. Il Tempio della Pace, conosciuto anche come Foro di Vespasiano per la presenza della grande piazza monumentale simile ad un foro, fu distrutto nel 192 in seguito ad un grave incendio e quindi ricostruito da Settimio Severo. L’edificio era costituito da una semplice aula absidata che si apriva su una grande piazza di m 110 x 135 circondata da un quadriportico e da quattro esedre, una delle quali, quella più settentrionale, è ancora ben conservata sotto la Torre dei Conti. La statua di culto era situata nell’abside, posta al centro della parete di fondo e fiancheggiata da diversi ambienti. Due di questi, quelli posti alla destra del tempio, sono ancora visibili: del primo resta in piedi, tra la Basilica di Massenzio e l’ingresso della chiesa dei Ss.Cosma e Damiano, l’intera parete sud-occidentale, tutta in laterizio, appartenente al restauro severiano.
L’ambiente comunicava con il portico tramite una larga apertura, scandita da quattro colonne: sulla parete in mattoni (nella foto 2) si possono ancora scorgere la serie di fori, regolarmente disposti, destinati a sostenere le lastre marmoree sulle quali vi era incisa la grande pianta di Roma, detta “Forma Urbis“, eseguita all’epoca dell’imperatore Settimio Severo. La pianta, databile tra il 203 ed il 211 d.C., era costituita da 11 filari di lastre, disposte alternatamente in senso orizzontale e verticale (in tutto 151) ed aveva una larghezza di m 18 per un’altezza di m 13 e costituisce tuttora (nonostante siano giunte sino a noi soltanto un decimo delle lastre) la più importante documentazione topografica dell’antica Roma. L’altro ambiente, probabilmente il meglio conservato, è quello retrostante al muro della “Forma Urbis“, all’interno del quale vi è la chiesa dei Ss.Cosma e Damiano. Esso era costituito probabilmente da due ambienti divisi da un tramezzo, ora scomparso: quello più vicino alla parete della “Forma Urbis“, rivestito di due strati di mattoni, era probabilmente una delle due Biblioteche, come si deduce dalle nicchie alle pareti, insufficientemente profonde per statue ed invece destinate ad armadi per libri; all’altro ambiente, in origine forse absidato, si appoggiò in seguito il Tempio di Romolo e, come sopra menzionato, soltanto allora fu aperto un passaggio tra i due edifici, originariamente indipendenti.