Tempio di Vesta

tempio di vesta

Il Tempio di Vesta, uno dei più antichi ed importanti santuari di Roma, ospitava il “fuoco sacro”, simbolo della comunità e dello Stato ed era strettamente connesso con la Casa delle Vestali, insieme alla quale costituiva un complesso unitario denominato “Atrium Vestae“. Il Tempio di Vesta fu eretto probabilmente nel IV secolo a.C. ed era costituito da un podio in opera cementizia rivestito di marmo, al quale si addossavano le basi che sostenevano un anello di 20 colonne corinzie scanalate che racchiudevano la cella, anch’essa circolare, all’interno della quale era custodito il “fuoco sacro” continuamente acceso: il tetto, conico, aveva un’apertura centrale che permetteva la fuoriuscita del fumo. Va segnalato che nessun simulacro della dea era qui custodito, mentre invece si presume che una statua della divinità fosse contenuta nell’edicola situata all’ingresso della Casa delle Vestali. Nella cavità trapezoidale che si apriva nel podio, ed alla quale si accedeva soltanto dalla cella, probabilmente si deve riconoscere il “penus Vestae“, il sito proibito alla vista di tutti tranne che alle Vestali, dove erano conservati i “pignora civitatis“, ovvero gli oggetti sacri ai destini di Roma e “pegno” delle sue fortune, che Enea, secondo la leggenda, avrebbe trasportato da Troia: tra tutti il più importante era il Palladio, un simulacro arcaico di Minerva. Quando l’incendio neroniano del 64 d.C. distrusse, con gran parte della città, anche il tempio e la Casa delle Vestali, le due costruzioni vennero sostituite, ad un livello più alto, dagli edifici attualmente visibili. Il tempio, pur attraverso numerose modifiche, conservò la forma e le dimensioni allora stabilite, insieme al nuovo orientamento, basato su quello prevalente del Foro Romano. Dopo la fase neroniana vi fu un totale rifacimento nel periodo di Traiano e poi un successivo restauro attribuibile alla moglie di Settimio Severo, Giulia Domna, in seguito all’incendio del 191 d.C., molto probabilmente mantenendo la stessa forma conferitagli dalla ricostruzione neroniana del 64 d.C. L’aspetto attuale è dovuto alla ristrutturazione del 1930, durante la quale furono utilizzati numerosi frammenti originali, completati da restauri in travertino.