A breve distanza da Porta Maggiore, sulla sinistra della via Prenestina, vi è l’ingresso ad uno dei più interessanti edifici della prima età imperiale, la cosiddetta “Basilica Neopitagorica sotterranea” o “Basilica sotterranea di Porta Maggiore”. Fu costruita con una particolare tecnica per cui si scavarono nel tufo le trincee ed i pozzi a circa 7-8 metri di profondità (oggi invece si trova a circa 13 metri sotto il livello stradale) entro i quali fu gettata la massa cementizia, si appoggiò sul terreno naturale la volta ed infine si svuotò l’ambiente interno del tufo e del terreno naturale. La scoperta ebbe luogo, casualmente, nell’aprile del 1917, in seguito ad un cedimento della sovrastante linea ferroviaria Roma-Napoli. L’ingresso era costituito da un ampio corridoio in discesa, ad angolo retto e coperto con volta a botte (oggi rimane solo l’ultimo tratto), che immetteva in un vestibolo a pianta quadrangolare, con volta a padiglione e lucernario, decorato con motivi policromi e stucchi e pavimentato con un mosaico bianco a fasce nere. La volta si trova al di sotto del piano stradale dell’antica “via Praenestina” ed il luogo era quindi sin dalle origini sotterraneo. Dal vestibolo si accede nella sala principale di tipo basilicale, un’aula rettangolare di 12 metri di lunghezza per circa 9 di larghezza, suddivisa, da due file di tre pilastri ognuna, in tre navate, coperte da volte a botte e con pavimento in mosaico bianco e nero. La navata centrale, larga 3 metri e quindi più ampia rispetto ai 2 metri delle navate laterali, presenta sul fondo un abside semicircolare nel mezzo della quale era disposta una “cathedra“, di cui si scorgono i resti del collegamento al muro; il pavimento nella zona semicircolare presenta uno scavo che si estende fin sotto le fondazioni delle mura dell’abside e che realizza un loculo dentro il quale sono stati rinvenuti gli scheletri di un cane e di un maiale, forse un sacrificio eseguito durante la consacrazione dell’edificio. La basilica era illuminata da un vano scavato sopra l’ingresso nel muro di separazione tra basilica e vestibolo e che consentiva alla luce del lucernario situato nel pronao di entrare nella sala. Sulla funzione della basilica, costruita nei primi decenni del I secolo d.C., sono state avanzate le più svariate ipotesi: tomba o basilica funeraria, ninfeo, tempio neopitagorico, ma quale funzione reale svolgesse resta oggetto di controversie, come l’interpretazione degli stupendi stucchi che l’adornano. Si tratta di scene mitologiche diverse: nel quadro al centro della volta della navata mediana campeggia la figura di “Ganimede rapito da Zeus”, mentre nel catino absidale è raffigurata “Saffo nell’atto di lanciarsi dalla rupe di Leucade”. Tutti gli stucchi hanno a che fare con il destino dell’anima e con i segreti delle iniziazioni: la natura magica e misteriosa del luogo ha dato inevitabilmente adito a voci che la vogliono dimora dei fantasmi e proprio per questo motivo più di qualcuno la vuole sede di celebrazioni di riti magici. Di sicuro è che questo monumento ha bisogno di un efficiente impianto di aerazione che regoli la giusta temperatura ed umidità per preservare i pregevoli stucchi e gli affreschi che vi sono rimasti e che regoli il ricambio dell’aria in modo che non venga arrecato danno ai visitatori ed alle strutture. Si presume che la Basilica fosse situata su un’area di proprietà della “gens Statilia”, in ragione delle seguenti considerazioni: il monumento sorgeva a circa 200 metri dal luogo ove era il sepolcreto dei servi e dei liberti della casa degli Statilii, ovvero su un’area sicuramente di loro proprietà; inoltre nel sepolcreto venne rinvenuta un’urna in marmo greco di buona fattura (trasferita al Museo delle Terme) con raffigurazioni relative ai “Misteri di Eleusi” e che un servo della famiglia avesse l’inconsueto nome “Mystes” (iniziato ai misteri); ma forse la prova più solida è data dal fatto che alla “gens Statilia” appartenne quel Tito Statilio Tauro che fu console nel 44 d.C. e del quale Tacito scrive che, a causa delle macchinazioni di Agrippina minore, moglie dell’imperatore Claudio e madre di Nerone, la quale voleva entrare in possesso degli “Horti Tauriani“, venne accusato di praticare magiche superstizioni e che si tolse la vita nel 55 d.C., prima della sentenza del Senato, il che probabilmente ci consente anche di fissare l’anno in cui la basilica venne chiusa. Il monumento fu abbandonato e dimenticato pochi anni dopo la sua costruzione, come se le autorità imperiali avessero deciso di proibire il culto che vi si celebrava; infatti non vi sono state rinvenute tracce di restauri, segno che fu utilizzato per un breve periodo, mentre presenta tracce di saccheggio o vandalismo, come la rimozione delle targhe dalle colonne e la distruzione dell’altare absidale. Probabilmente venne chiuso facendo franare la volta del corridoio di ingresso e riempiendo il vestibolo di terra attraverso il lucernario, rimanendo così inesplorato fino al 1917. Nel 1951, al fine di preservare la Basilica di Porta Maggiore dalle vibrazioni dei treni e dalle infiltrazioni di acqua, venne costruita una soletta di cemento armato sormontata da una copertura in piombo; i lavori di protezione ridussero le vibrazioni ma non eliminarono le infiltrazioni d’acqua che stanno rapidamente deteriorando gli stucchi e gli affreschi. Nei primi mesi del 2008 la zona è stata transennata e sono fortunatamente iniziati i lavori di consolidamento della massicciata e di impermeabilizzazione della basilica.