L’imperatore Adriano fece costruire Castel S.Angelo nel 135 d.C. sull’area degli “Horti Domiziani” affinché servisse da tomba imperiale per sé ed i suoi successori. Il mausoleo, opera dell’architetto Demetriano, fu terminato, dopo la morte di Adriano, nel 139 sotto Antonino Pio. Per mettere in comunicazione il sepolcro con il Campo Marzio fu costruito un nuovo ponte, il “ponte Elio” (l’odierno Ponte S.Angelo) che fu inaugurato nel 134 d.C. Il sepolcro sorgeva subito al di là del ponte: la sua struttura, inglobata dentro Castel S.Angelo, si è in gran parte conservata. L’edificio era costituito da un grande basamento quadrato di metri 89 per lato ed un’altezza di metri 15, dal quale si elevava una costruzione cilindrica alta circa 20 metri (al cui interno vi era la camera sepolcrale, accessibile tramite una scala elicoidale interna), rivestita di marmo, coronata da statue e coperta da un tumulo di terra con cipressi, il quale era sormontato da una grande quadriga di bronzo guidata da un colossale Adriano (la testa è conservata nella Rotonda dei Musei Vaticani). Tutti gli imperatori Antonini e i Severi fino a Caracalla (217 d.C.) furono sepolti qui. Il Mausoleo divenne ben presto un bastione avanzato delle Mura Aureliane, una sorta di testa di ponte al di là del fiume, probabilmente ad opera di Onorio nel 403 d.C.: da allora la Mole Adriana iniziò ad essere una difesa per il ponte Elio e per l’accesso in città dal nord tanto che salverà l’insediamento vaticano dal Sacco dei Visigoti di Alarico (410) e dei Vandali di Genserico (455). Durante la guerra bizantino-gotica con Totila nel 546-7, la Mole Adriana diventò il perno di una cittadella fortificata. Nell’VIII secolo fu collegata al ponte da un complesso fortificato con torri, merli, feritoie e con due porte, una verso il ponte, l’altra verso S.Pietro. A causa delle guerre scomparvero le colonne e le statue che ornavano il mausoleo, compresa la quadriga e la statua di Adriano: la costruzione cilindrica si stagliava come una torre e l’antica Mole Adriana si trasformò per sempre in Castello. Su questo fece perno la Città Leonina, che lo inglobò nelle mura vaticane fatte costruire da papa Leone IV per difendere la tomba di S.Pietro. Nel IX-X secolo si affermò la leggenda secondo la quale, nel 590 d.C., mentre papa Gregorio Magno attraversava Ponte Elio durante una processione penitenziale, ebbe la visione dell’arcangelo Michele che sulla sommità della Mole Adriana rinfoderava la spada, a significare la fine della pestilenza che affliggeva Roma. Sembra che lo stesso pontefice vi fece collocare la prima statua dell’arcangelo, in legno, per commemorare l’avvenimento. Le prime citazioni storiche, comunque, risalgono al periodo 950-1150 quando si fa riferimento all’angelo che già da secoli domina sulla cima della Mole. Il secondo angelo, di marmo, fu distrutto nel 1379 durante un assedio. Nel 1453 Niccolò V vi fece collocare il terzo angelo, in marmo e con le ali di bronzo, distrutto nel 1497 da un fulmine che fece esplodere la polveriera del castello. Il quarto angelo fu costruito in bronzo dorato, un materiale che divenne estremamente utile durante il Sacco di Roma del 1527 tanto che venne fuso e trasformato in cannoni.
Il quinto angelo fu ordinato nel 1544 da Paolo III a Raffaello da Montelupo, che lo realizzò in marmo con le ali di bronzo, ancora oggi visibile nel Cortile dell’Angelo (nella foto 1): notare le ali perforate per vincere l’attrito del vento.
Le ingiurie del tempo avevano danneggiato molto la statua quando nel 1746 Benedetto XIV indisse un concorso per dotare Castel S.Angelo di una nuova statua dell’Angelo in occasione del Giubileo del 1750. Il nuovo angelo, quello attuale (nella foto 2), fu realizzato in bronzo dallo scultore fiammingo Peter von Verschaffelt e posto in sede, sopra un basamento di travertino, soltanto nel 1753, a causa delle difficoltà dettate dalla grande quantità di metallo necessaria. Originariamente la statua era rivestita di una superficie dorata, tranne che per la corazza, che era ricoperta invece di lamine d’argento. Si sostiene grazie ad un’intelaiatura interna, composta da due perni principali incrociati tra loro: quella originale, sostituita nel 1986 con una in acciaio inossidabile e titanio, è ora esposta nella Sala della Rotonda. Fu così che la denominazione S.Angelo si estese al Castello ed al ponte e la funzione funeraria fu dimenticata: l’importanza della fortezza, che faceva da cerniera tra il nucleo abitato e la cittadella vaticana, controllando il passaggio di un ponte fondamentale e che poteva divenire un’offesa contro la città, solleticò le mira dei Signori. Nella prima metà del X secolo divenne la roccaforte principale di Teofilatto; nella seconda metà dello stesso secolo passò in mano ai Crescenzi e rimase in loro possesso fino alla fine dell’XI secolo. Per circa un trentennio passò ai Pierleoni e poi agli Orsini, che, sotto il pontificato di Niccolò III Orsini, lo restaurarono, facendovi costruire e ornare un appartamento pontificio, contrapponendo così il blocco difensivo del Castello alle fortificazioni dei Colonna che si estendevano dai Ss.Apostoli all’Agosta. All’inizio del Quattrocento il Castello cambiò volto: la torre finale dell’antico mausoleo assunse una forma quadrangolare e la base fu liberata dall’antica piattaforma. Venne perfino modificata la struttura interna dell’edificio: fu interrotta al primo piano la rampa elicoidale d’accesso al sepolcro e la parte superiore del Castello venne difesa da postazioni di armi da fuoco e da un ponte levatoio.
Il Castello divenne una roccaforte inespugnabile e per quasi cinque secoli i papi furono gelosi di Castel S.Angelo perché oramai il detentore era l’effettivo padrone della situazione (nella foto 3 l’evidente fortificazione, con tanto di mura merlate). Nel 1527 papa Clemente VII si rifugiò dentro Castel S.Angelo, sfruttando la via di fuga del Passetto, per sfuggire ai lanzichenecchi durante il Sacco di Roma.
Fu certamente con Paolo III (1534-49) che la fortezza si avvicinò ancora più alla sagoma attuale: venne costruita la grande loggia a cinque arcate (nella foto 4) verso i Prati di Castello e trasferiti al piano superiore gli alloggi del pontefice e del suo seguito. Pochi anni dopo con Pio IV (1559-65) si costruì una grande cinta pentagonale, con baluardi angolari, che avvolsero il vecchio muro di cinta con fossato. Infine Urbano VIII (1623-44) distrusse tutte le fortificazioni anteriori e costruì una grande cortina muraria frontale. Dopo questo grande intervento la sagoma di Castel S.Angelo rimase immutata per secoli, mentre continuarono soltanto i lavori di abbellimento degli alloggi pontefici. Nel XIX secolo Castello non venne più utilizzato come difesa cittadina ma come carcere politico, cadendo in un grave stato di degrado. In molti sperimentarono qui la prigionia: il cardinal Vitelleschi, Pomponio Leto, Alessandro Farnese futuro papa Paolo III, Beatrice Cenci, Giordano Bruno, il Conte di Cagliostro e Benvenuto Cellini (il quale, evaso da una “comoda cella” del primo piano, venne ripreso e rinchiuso nei sotterranei, dove disegnò un “Cristo risorto” di cui restano ancora oggi tracce visibili). Anche durante il Risorgimento servì da carcere politico e vi furono rinchiusi molti patrioti avversi al potere temporale e molti vi persero la vita. Tra il XIX e il XX secolo il maggiore del Genio dell’Esercito Italiano, Mariano Borgatti, “restaurò” fantasiosamente il Castello, cancellando tante tracce d’una lenta stratificazione quasi bimillenaria. Ma ancora peggiori del restauro, ai fini estetici, furono le costruzioni dei muraglioni, del Lungotevere Castello e il rifacimento del Ponte che eliminò la sua bellissima e originaria “schiena d’asino”.
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Nella sezione Roma nell’Arte vedi:
Castel S.Angelo di G.B.Piranesi
Castel S.Angelo di E. Roesler Franz
Ponte e Castello S.Angelo di G.B.Piranesi
Castel S.Angelo di L.Rossini