Palazzo Serristori (nella foto sopra), situato in via dei Cavalieri del S.Sepolcro 1, è uno dei pochi edifici che si salvò dalla demolizione della Spina di Borgo. Fu costruito sopra terreni e case esistenti sin dal Quattrocento, una delle quali appartenuta a Bartolomeo della Rovere, il quale vi ospitò il tristemente famoso Cesare Borgia, figlio di papa Alessandro VI e fratello di Lucrezia. Demolite le case, il palazzo venne eretto intorno al 1555 da un architetto ignoto per Averardo Serristori, oratore (oggi diremmo ambasciatore) di Cosimo I de’ Medici presso Pio IV. L’edificio ospitò l’Ambasciata di Toscana presso la Santa Sede e rimase proprietà della famiglia Serristori fino al 1830, quando venne acquistato dalla Camera Apostolica che lo adibì a caserma, denominata appunto Caserma Serristori.
Nei moti rivoluzionari del 1867, Giuseppe Monti e Gaetano Tognetti vi fecero esplodere una mina che uccise 34 zuavi, ovvero i soldati mercenari al soldo del pontefice. La reazione della polizia pontificia si concentrò presso il Lanificio Ajani, mentre i due responsabili, arrestati, furono ghigliottinati l’anno dopo in via dei Cerchi. Dopo il 1870 la caserma fu occupata dalle truppe italiane e nel 1902 fu intitolata a Luciano Manara. Nel primo dopoguerra l’edificio venne destinato dal Comune ad accogliere gli sfrattati, ma poi lo Stato Italiano, in base ai Patti Lateranensi, lo cedette nel 1929 alla Santa Sede, che lo fece ristrutturare dall’architetto Alberto Calza Bini per adattarlo ad edificio scolastico: fu così che nel 1930 vi si insediò la “Scuola Pontificia Pio IX”. L’edificio sviluppa su tre piani, con la facciata principale su via dei Cavalieri del S.Sepolcro, mentre le facciate laterali prospettano su via della Conciliazione e su Borgo S.Spirito, con le due estremità arricchite da bugne di diverse dimensioni e digradanti.
La facciata su via dei Cavalieri del S.Sepolcro apre con un portale arcuato e bugnato a raggiera (nella foto 1), con l’iscrizione “AD CHRISTIANAM PUERORUM UTILITATEM”, ovvero “Ad utilità cristiana dei fanciulli“; sopra il portale è situata una finestra incorniciata e con timpano triangolare, sormontata dallo stemma di Pio XI Ratti (nella foto 2), costituito da un’aquila dal volo abbassato e da tre bisanti, accompagnati in testa dalla tradizionale tiara con le chiavi incrociate. Nei tre piani le finestre sono incorniciate: otto al pianterreno, intervallate da due finestrelle tonde, dieci al primo piano, poggianti su un marcapiano sporgente, quattro delle quali architravate e con timpano triangolare (anche se una è cieca), otto al terzo piano, incorniciate e disposte tra due fasce marcapiano; l’edificio termina con un cornicione dal ricco fregio. Nel cortile dell’edificio si trova una piccola fontana costituita da un semplice mascherone che versa l’acqua in una vaschetta semicircolare da cui ricade nel sottostante bacino a fior di terra protetta da quattro colonnine; è sormontata da una grande lapide e da uno stemma pontificio.