La Tomba di Cecilia Metella (nella foto sopra), il monumento simbolo della Via Appia Antica, fu costruita negli anni compresi tra il 30 ed il 10 a.C. per la nobile romana Cecilia Metella, come recita la grande iscrizione funeraria (nella foto 1) murata sulla parte alta del mausoleo: CAECILIAE Q(UINTI) CRETICI F(ILIAE) METELLAE CRASSI, ovvero “A Cecilia Metella, figlia di Quinto Cretico (e moglie) di Crasso”.

Cecilia, quindi, era figlia di Quinto Cecilio Metello, console nel 69 a.C. e conquistatore, tra il 68 ed il 65, dell’isola di Creta e per questo motivo denominato Cretico, e moglie di Marco Licinio Crasso, questore e governatore, nonché figlio maggiore di Marco Licinio Crasso, grande personaggio politico che formò, insieme a Cesare e Pompeo, il primo triumvirato. Il rango della famiglia spiega sia la posizione dominante, rispetto alla strada, del Mausoleo, su un rilievo che ne consente la visibilità anche da notevole distanza, sia la sinteticità dell’iscrizione, in quanto i nomi ivi incisi erano sufficienti a ricordare ai passanti il livello sociale della defunta.

Il monumento è costituito da un poderoso basamento quadrato di cui si conserva soltanto il nucleo cementizio in scaglie di selce, originariamente rivestito con lastre di travertino ma poi spogliato in età rinascimentale, e da un corpo cilindrico (alto metri 11 x 29,50 di diametro) il cui rivestimento, pure in blocchi di travertino a bugnato liscio, è decorato con un fregio in marmo (nella foto 2) ornato di ghirlande e bucrani, ossia un ornamento architettonico a forma di cranio di bue molto comune nell’antichità e da cui prende il nome la località, Capo di Bove.

Il fregio, all’altezza della sopracitata iscrizione, si interrompe per lasciare posto ad un altorilievo (nella foto 3) con trofeo di armi e con la figura di un barbaro prigioniero con le mani legate dietro la schiena. All’interno il corpo di Cecilia era custodito in una camera sepolcrale di forma conica, rivestita di laterizi (uno dei più antichi esempi conosciuti di tale tecnica) ed aperta sulla sommità con un oculus. Nell’XI secolo il sepolcro venne utilizzato come torrione di un castello di proprietà dei Conti di Tuscolo, ai quali subentrarono nel 1299 i Caetani.

Questi occuparono la Tomba di Cecilia Metella e la incorporarono in un vero e proprio borgo fortificato denominato Castrum Caetani (nella foto 4), da cui i Caetani controllavano il traffico sulla strada, riscuotendo esose gabelle.

L’ampia costruzione a tre piani che oggi vediamo accanto al mausoleo è il palatium, nel quale si possono riconoscere porte, finestre e camminamenti: la forma triangolare che assume oggi fa supporre che la copertura fosse stata a capanna; l’interno (nella foto 5), per la caduta dei solai, appare oggi come una serie di cortili separati da grandi arconi.

La parte abitativa della fortificazione, con i suoi tipici muri merlati e le belle finestre bifore, oggi ospita al proprio interno il “Museo dell’Appia”, una raccolta di statue, sarcofagi, iscrizioni e rilievi provenienti dalla Via Appia Antica e relativi ai ricchi monumenti funerari che vi si affacciavano: nella foto 6 il cortile del Castrum.
Nel XIV secolo la fortezza passò ai Savelli e poi agli Orsini che la tennero fino al 1435, dopodiché divenne proprietà del Senato Romano. Per ironia della sorte, la struttura corse i più gravi pericoli proprio in tempo di pace: Papa Urbano VIII dette a Gian Lorenzo Bernini un permesso scritto per demolire “…un monumento antico, di forma rotonda, di circonferenza grandissima e di bellissimo marmo presso S.Sebastiano, detto Capo di Bove…“, vale a dire proprio la Tomba di Cecilia Metella, per terminare i lavori della Fontana di Trevi, ma il popolo romano protestò talmente tanto che il Bernini dovette abbandonare il progetto. Nel Cinquecento il complesso fu abbandonato e Sisto V lo fece in parte demolire, perché ritenuto covo di banditi.

Del Castrum Caetani faceva parte anche la chiesa di S.Nicola a Capo di Bove (nella foto 7), della quale è rimasta la struttura con l’abside, ma non la copertura. La chiesa, costruita secondo l’uso comune nel Medioevo di fabbricare edifici sacri all’interno dei cortili dei castelli, è a sala unica rettangolare, con facciata liscia a terminazione rettilinea ed è sormontata, sul lato sinistro, da un piccolo campanile a vela di muratura diversa. Un ampio portale, decorato solo da una cornice marmorea su mensole di spoglio, è sovrastato da un oculo.
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Cecilia Metella di G.B.Piranesi