S.Balbina

s.balbina

La Basilica di S.Balbina (nella foto sopra), dedicata alla vergine e martire del II secolo, è situata nella piazza omonima, su un’altura lungo Viale Guido Baccelli. L’edificio sorge sulla casa del console e praefectus urbi Lucio Fabio Cilone, a lui donata dall’imperiale amico Settimio Severo ed i resti della quale, in opera mista, si possono ancora vedere nel giardino dell’Ospizio di S.Margherita annesso alla chiesa. Il primo documento ufficiale fa risalire la fondazione della chiesa al 595, anche se un edificio di culto doveva già esistere verso la fine del V secolo. Il primo intervento di restauro avvenne alla fine dell’VIII secolo ad opera di Papa Leone III, che ne rifece il tetto. La storia del complesso è strettamente legata alle invasioni barbariche che afflissero Roma durante il Medioevo, quando l’intera zona dell’Aventino si tramutò in campagna deserta per le continue scorribande degli eserciti stranieri.

torre di s.balbina
1 Torre di S.Balbina

Per questo motivo sorse, ad opera di monaci greci, il convento di S.Balbina, un edificio fortificato da torri e merlature, ancora oggi visibili nel giardino della chiesa, come la mozza torre in laterizio (nella foto 1).

iscrizione nella chiesa di s.balbina
2 Trave con iscrizione

Nonostante ciò, lo stato di semi-abbandono in cui versava il monastero impose numerosi restauri tra il XV ed il XVI secolo, come quello commissionato nel 1449 dal Cardinale Marco Barbo, nipote di Paolo II, che fece ricostruire interamente il tetto ad opera del Maestro Pasquino Da Pontassieve, che ne lasciò memoria in un’iscrizione sopra una delle travi di sostegno del soffitto (nella foto 2) che così recita: “MARCUS BARBUS VENETUS EPI(SCOPUS) PRENE(STIS) CAR(DINALIS) S(ANCTI) MARCI PATRIARCA AQUILE(IAE) AN(NO) D(OMINI) MCCCCLXXXIX”, ovvero “Marco Barbo, veneto, Vescovo di Preneste (attuale Palestrina), Cardinale di San Marco, Patriarca di Aquileia, nell’Anno del Signore 1489”. Abbandonata nuovamente ai primi del Seicento a causa della malaria che imperversava nella zona, la Basilica di S.Balbina fu oggetto di numerosi saccheggi che la privarono di tutti i suoi addobbi medioevali, finché nel 1698 venne di nuovo aperta al culto. La chiesa venne affidata alla Congregazione dei Pii Operai che la mantennero per quasi cento anni, fino al 1798, quando la chiesa fu messa all’asta. Acquistata dalla Confraternita dei Fratelli Poveri, il convento e gli orti furono affidati al Pontificio Istituto Agrario per fanciulli abbandonati, mentre la chiesa restò al Capitolo Vaticano. In seguito il convento divenne sede di un istituto di correzione per minorenni, diretto dai Fratelli della Misericordia e poi, dedicato a S.Margherita, divenne ospizio per donne peccatrici che si erano pentite. Oggi, affidato alle suore del Terzo Ordine di S.Francesco dei Ss.Cuori, è un ospizio per anziani. Altri restauri si ebbero nel 1813, nel 1825, fino al restauro voluto da Antonio Muñoz nel 1939, in occasione del quale furono ripristinate le antiche architetture ed eliminate le successive modifiche.

facciata di s.balbina
3 Facciata

La facciata di S.Balbina (nella foto 3), sopraelevata su una modesta gradinata, è in laterizio e presenta nella parte inferiore un portico al quale si accede tramite tre arcate a tutto sesto poggianti su pilastri: l’arcata centrale è sormontata dallo stemma cardinalizio di Marco Barbo, un leone rampante attraversato da una cotissa. La parte superiore presenta tre grandi finestre ad arco ed è chiusa da un tetto a doppio spiovente.

portico di s.balbina
4 Portico con frammenti antichi

Sotto il portico vi sono raccolti numerosi frammenti antichi (nella foto 4) tra cui una tabula lusoria, epigrafi funerarie, anfore ed alcuni elementi appartenenti alla decorazione precedente alla chiesa, come parte dei plutei della schola cantorum ed un capitello con lo stemma di Sisto V.

interno di s.balbina
5 Interno

L’interno (nella foto 5), a navata unica, è illuminato da 19 finestre ad arco che si aprono lungo la parte superiore delle pareti; al centro della navata vi è la ricostruita la schola cantorum in marmo bianco. L’abside presenta affreschi di Anastasio Fontebuoni del 1599 raffiguranti il “Redentore in gloria tra i Santi Balbina, Felicissimo e Quirino” con un papa. Sotto l’altare maggiore si trova un’urna di alabastro contenente le reliquie della martire Balbina e di altri Santi.

tomba di stefano de surdis
6 Tomba di Stefano De Surdis

Sulla controfacciata, a destra dell’ingresso, è situata la magnifica tomba del Cappellano papale Stefano De Surdis (nella foto 6), datata 1303 e firmata da Giovanni di Cosma: “IOH(ANNE)S FILIUS MAG(IST)RI COSMATI FECIT HOC OPUS”, ovvero “Giovanni, figlio del Maestro Cosma, fece quest’opera”. Il sepolcro è costituito da un sarcofago dai fianchi rialzati, sollevato sopra uno zoccolo di marmo liscio, di un gradino con le rotae cosmatesche e di un alto basamento riccamente decorato a mosaico, dove è ripetuto per sei volte lo stemma del defunto. Sul sarcofago, intorno al quale un drappo è annodato a distanze regolari agli anelli di un’asta, si trova la figura giacente, con il volto girato verso l’osservatore e con le mani incrociate all’altezza della vita.
A questa chiesa è legata una bellissima storia che i “Mirabilia” narrano così: “Nei tempi antichi, avanti la chiesa sorgeva un prodigioso candelabro asbestos, d’una pietra ardente e inestinguibile. L’intero candelabro fiammava senza rimaner consunto dall’arcano fuoco: l’aria ne alimentava il vigore e lì presso si ergeva una statua di arciere fieramente proteso a scoccare un dardo. Ma una scritta minacciosa in lettere etrusche diceva: “se qualcuno mi tocca io ferirò”. Quanti secoli passarono così mentre il candelabro ardeva non si sa ma un giorno un insensato toccò la freccia fatale, la freccia scoccò né più il fuoco si riaccese”.