Piazza Mignanelli

piazza mignanelli

Piazza Mignanelli, situata tra piazza di Spagna e la rampa Mignanelli che conduce a Trinità de’ Monti, prende il nome da Palazzo Mignanelli che qui sorge e che fa da sfondo alla piazza (nella foto sopra). L’edificio fu costruito a fine Cinquecento dall’architetto Moschetti per la famiglia Gabrielli e solo in seguito al matrimonio tra Maria Gabrielli e Giovanni Mignanelli nel 1615 passò ai Mignanelli, una famiglia originaria di Siena. In uno dei cortili interni vi è ancora una lapide datata 1575 che ricorda i lavori intrapresi dai Gabrielli per sistemare il pendio del monte con la costruzione del nuovo edificio e quelli destinati ad isolare l’edificio dall’umidità. Il palazzo sorge sulla zona dove erano gli antichi “Horti Luculliani“, i giardini fatti costruire dopo il 63 a.C. da Lucio Licinio Lucullo, costituiti da una serie di terrazzamenti e rampe e conclusi da un emiciclo porticato corrispondente proprio a piazza Mignanelli. Originariamente il palazzo si componeva di due piani, scanditi orizzontalmente da marcapiani e di una sopraelevazione, caratterizzata da paraste, che sorgeva soltanto sulla metà destra dell’edificio; il fianco destro terminava con un muro a scarpa, mentre quello sinistro era bugnato. L’edificio rimase così, quasi incompleto, sia con i Mignanelli che con i Gentileschi, subentrati nel 1870, finché nel 1887 l’edificio fu portato a termine dall’architetto Andrea Busiri Vici, il quale provvide al rinnovamento della facciata e ad un ampliamento dell’edificio stesso, che si estese là dove un tempo sorgeva il giardino. I lavori furono sovvenzionati dalla Sacra Congregazione di Propaganda Fide, nuova proprietaria dell’edificio. Il palazzo odierno, composto di tre piani, si apre con un bel portale ad arco bugnato, decorato con due putti in stucco che sostengono un globo e le lettere S.C.P.F., Sacra Congregazione della Propaganda Fide, che nell’edificio insediò la sua Scuola e la Tipografia Poliglotta. Dal 1834 al 1865 l’edificio fu affittato alla Banca Romana, come ricorda Giuseppe Gioachino Belli in un sonetto del 1 dicembre 1834 intitolato “La cassa de sconto”: “Dar popolo pe annà a li Du Macelli / su la Piazza de Spagna a mmano manca / in fonno a la piazzetta Mignanelli / ve viè de petto ‘na facciata bbianca. / Lì, a lettere più granne de girelli / tutti ‘ndorati, ce sta scritto Banca / Romana. Ebbè, currete, poverelli, / che de priffete lì nun ce n’amanca. / Sta banca inzomma è ‘na scuperta nova / pe dispenzà quadrini a chi li chiede / in qualunque abbisogno s’aritrova. / Sortanto c’è che sta Banca Romana / com’ha detto quarcuno che ciaggnede / capisce poco la lingua itajana“. Ovvero: “Da piazza del Popolo per andare a via dei Due Macelli, sulla sinistra di piazza di Spagna, in fondo alla piazzetta Mignanelli vi trovate dinanzi una facciata bianca. Lì, a lettere più grandi di girandole dorate, vi è scritto Banca Romana. Allora correte poverelli che i soldi lì non mancano. Questa banca, insomma, è una scoperta nuova per dispensare soldi a chi li chiede in qualunque bisogno si trova. Soltanto che questa Banca Romana, come ha detto qualcuno che ci andò, capisce poco la lingua italiana”. La Banca Romana, già Banca dello Stato Pontificio, fu istituita da una compagnia di azionisti francesi diretta dal marchese Jouffroy (perciò il Belli dice che capisce poco la lingua italiana) e dal 1874 fu uno dei sei istituti d’emissione del Regno d’Italia. Nel 1893, su denuncia del deputato Colajanni, furono scoperte gravi irregolarità di gestione della Banca (a quel tempo però già trasferitasi a palazzo Maffei) che sfociarono in uno scandalo dal quale fu travolto il primo governo Giolitti: ne seguì una riforma bancaria che riservò il diritto d’emissione alla sola Banca d’Italia. Nel 1848 al pianterreno del palazzo fu ospitato il Circolo dei Francesi, frequentato da azionisti e dirigenti della banca, in gran parte francesi, mentre al primo ed al secondo piano si insediò la locanda Bussoni e Ghigliè, dove, ai primi dell’Ottocento, soggiornò l’inviato del re del Piemonte Cesare Taparelli d’Azeglio con il figlio Massimo per congratularsi con papa Pio VII per il suo ritorno a Roma. Oggi palazzo Mignanelli ospita la sede centrale dell’azienda di alta moda dello stilista Valentino.